Recensione Xiaomi In-Ear Headphones Pro – QTER01JY

Inizio questa recensione con una confessione: sono un po’ fanboy nei confronti di Xiaomi. Lo sono perché sforna dispositivi di ogni tipo che sono indubbiamente molto interessanti. Nel caso degli auricolari in particolar modo, per quanto mi riguarda. Questi In-Ear sono il secondo modello che provo della casa cinese, dopo le Half Ear. Attratto dalle specifiche a dir poco entusiasmanti per il prezzo, ho deciso di acquistarli; non potevo fare cosa migliore: personalmente già dal primo ascolto ho avuto la sensazione di avere un piccolo gioiello acustico tra le mani. Nelle orecchie, meglio. Ma anche tra le mani la sensazione è davvero positiva: a differenza della versione base di questi auricolari, questi Pro hanno una costruzione in metallo, anche nei comandi a filo.

Altra cosa che mi ha colpito positivamente del lato costruttivo di queste cuffiette intrauricolari è il filo stesso: in nylon intrecciato, esattamente la soluzione che prediligo per fornire la giusta robustezza e nel contempo evitare annodamenti sgraditi. L’unica pecca in questo frangente è il jack da 3.5 mm, che non è “a L”, bensì dritto; ciononostante, per un auricolare con tutti questi pregi, non lo annovero come un fattore che grava nel giudizio complessivo – a dirla tutta, non mi ha infastidito per nulla come in altri casi, merito degli ottimi inserti metallici e plastici che gli donano non solo una particolare resistenza, ma soprattutto una marginale sporgenza quando inserito. Il jack a 90° serve proprio ad evitare le sporgenze eccessive, quindi il compito è stato svolto in ogni caso.

Mi soffermo sull’indossabilità, perché ho evidenziato un fattore positivo e uno negativo.

Quello positivo è l’inserimento e la conseguente stabilità all’orecchio: è sufficiente “avvitare” la cuffietta di un quarto di giro in senso antiorario per fissarla all’ingresso del condotto uditivo e non doverci più pensare. È lo stesso funzionamento – perché è anche lo stesso concetto – degli auricolari in dotazione con gli ultimi smartphone Samsung, quelli “tuned by AKG”. O degli Inateck BH1001 (questi però wireless).

Il fattore negativo è, invece, la scomodità: dopo una sola ora di ascolto, il fastidio è evidente. Non al trago e all’antitrago, ma nella parte posteriore interna dell’orecchio che ha proprio bisogno di riposo. Con un orecchio più grande, probabilmente un problema del genere non si presenterebbe, ma io riporto la mia personale esperienza.

Nel settore compatibilità, è chiaro fin da subito che sono auricolari studiati per Android – nella confezione c’è un inserto che ci avverte che i comandi a filo non sono compatibili con iOS. E nemmeno con MacOS, se serve specificarlo. Se li userete con uno smartphone Xiaomi (che, con estrema casualità, è proprio il marchio che uso io) avrete a disposizione un menù dedicato nelle impostazioni che equalizzerà automaticamente ciò che state ascoltando adattandolo al meglio a questo modello. Non è stato abbastanza convincente per me: la differenza è assolutamente percepibile con e senza il “Mi Enhancement”, ma questo non vi porterà solo conseguenze positive. Al contrario, io ho trovato un’eccessiva spinta nei bassi, non necessaria, e un conseguente “impastamento” della scena. Di default questa cuffia è abbastanza piatta, cosa che apprezzo personalmente perché la divisione delle frequenze è ben gestita. Con questo equalizzatore, che paragonandolo ad un editing fotografico “satura” il colore in modo eccessivo, secondo me si perde un po’ di godibilità. Per chi ascolta EDM o altri generi elettronici, non mi sento di consigliare questo prodotto perché le frequenze basse spinte mettono seriamente in difficoltà i driver.

Dato che mi ritrovo a parlare di suono, secondo la mia esperienza il volume della sorgente – chiaramente in grado di gestire con un volume considerevole 32 Ω - oltre il 65% tende a distorcere (Shine on you crazy diamond, rimasterizzata, in FLAC, con il DA106 di Dodocool è il mio benchmark). Ma vi assicuro che dopo quella soglia non c’è alcun bisogno di alzare ulteriormente il volume, pena la perdita dell’udito. La pressione non manca nemmeno da smartphone – ormai i DAC integrati nei chip, almeno nei top di gamma, gestiscono agevolmente anche impedenze discretamente alte. Nel mio caso parlo del Qualcomm Snapdragon 835, e linko l’approfondimento ufficiale sulle potenzialità audiofile di questo chip qui.

Audiophiles, this means you can feel confident loading all your precious DSD music to your Snapdragon 835 powered devices with the latest Aqstic codec. On the PCM side, the WCD9341 now supports up to 384-kHz/32-bit audio. There’s an ongoing discussion about whether DSD or high-resolution PCM sounds better. Not surprisingly, each has its loyal fans. The good news for all audiophiles is that Aqstic is designed to support both.
— Qualcomm Technologies, Inc. su Aqstic

Cosa mi è piaciuto del suono, equalizzatori a parte, è pressoché tutto il resto. La gestione della scena, la separazione delle frequenze, il dettaglio strumentale. Con questi auricolari quando il plettro tocca la corda di una chitarra acustica pare di vedere la scena. Sottolineo, e non sarà l’ultima volta, che questo prodotto costa una ventina di euro e se lo ascoltassi alla cieca gli darei molto, ma molto di più.

Qual è il segreto dietro a questa prestazione sonora?

La risposta è: un insieme di fattori. Il produttore, che è la pluripremiata 1more di Shenzen, che di esperienza ne ha a palate e si sente. La politica di Xiaomi, in secondo luogo: questo è un prodotto che marchi con altre strategie di marketing farebbero pagare almeno tre volte tanto. Ma i driver sono la vera chiave: ogni cuffietta ha un driver dinamico e un’armatura bilanciata, caratteristiche che ai più esperti suoneranno come appannaggio di fasce ben più alte di mercato. In realtà, se si osserva la fascia di prezzo 20-40€ si nota una pletora di modelli con due - se non più - driver per auricolare. Il problema è che la maggior parte delle cuffie low cost di questo tipo non ha un’ingegnerizzazione di livello, per cui il risultato è spesso controproducente: una stessa cuffia modello dual driver talvolta suona meglio del modello triple driver, perché ha avuto una cura superiore sebbene l’hardware fosse più limitato (un esempio concreto: le UiiSii t8). Non è questo il caso: i due driver qui sono addirittura stati studiati in collaborazione con Luca Bignardi, e si sente. Per dei “giocattoli” quali possono essere in ambito audiofilo delle cuffie a questo prezzo, c’è dell’incredibile.

Se non bastasse questo a convincere della qualità del prodotto, sono certificate Hi-Res (poco significa, ma tant’è) e per il design hanno vinto l’IF Award nel 2016.

Penso si sia capito che ne consiglio l’acquisto nel modo più assoluto.

A tal proposito lascio un link diretto ad Amazon (che fa un po’ di confusione coi modelli e quindi vi rimando direttamente a quello giusto). E anche per le sopra citate Inateck, per completezza.