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Nell’ultimo periodo sono usciti sul mercato due modelli molto interessanti: la Sony ZV1 e la Lumix G100; queste due macchine sono state descritte dalla stampa specializzata come “perfette per i vlogger” o “perfette per gli youtuber”. Il lettore più attento, però, si sarà accorto che in questo articolo non tratteremo né dell’una né dell’altra. Al contrario, il nostro focus sarà su un modello vecchio e fuori produzione ed il motivo è presto detto: la G7 è la prova di come si possa trovare qualità in abbondanza a prezzi ridotti anche senza cascare nelle trappole del merchandising e della pubblicità dei vari brand. Perché non sempre nuovo è meglio, perché non sempre nuovo è sinonimo di innovazione.
Caratteristiche tecniche e fisiche
La G7 è una mirrorless di casa Panasonic prodotta a cavallo tra il 2015 e il 2016 che monta un sensore micro 4/3 (d’ora in avanti m4/3), come tutte le Lumix venute prima dell’avvento della nuova classe “S”. È una macchina dal corpo piccolo e leggero: solo 410g di peso, 125 x 86 x 77 mm sono le dimensioni. Un peso piuma, quindi, ma non per questo scomoda da impugnare o sgradevole al tatto. Anzi, proprio il design spicca per semplicità e al contempo solidità. Il grip non ha nulla da invidiare alla sue sorelle maggiori GH4, GH5 e G9, si impugna bene e, dato il peso non eccezionale, non stanca i polsi anche dopo un lungo utilizzo. Nonostante dimensioni e peso ridotti, sul corpo trovano posto 2 ghiere regolatrici che restituiscono un feedback tattile davvero appagante, due ruote selezionatrici, una per la modalità di esposizione, l’altra per la scelta delle impostazioni (scatto singolo/ multiplo, autoscatto etc...) e tanti, davvero tanti pulsanti. Sorprende in positivo la presenza di ben 5 tasti funzione liberamente assegnabili ad una voce del menù a scelta oltre ai soliti pulsanti per la regolazione di ISO, white balance e compensazione. Altra nota positiva è lo schermo LCD touch che è articolato e orientabile in tutte le direzioni, come dovrebbe essere su ogni corpo macchina e non, come spesso capita, con soluzioni “a metà” che permettono solo di ribaltarlo in orizzontale o verticale. Sopra il mirino elettronico trova posto una slitta per accessori e, più in basso, sul lato sinistro della camera, troviamo anche l’ingresso per un microfono esterno. Nella parte inferiore, uno sportellino protegge la batteria e lo slot per la scheda SD, mentre sul lato destro troviamo una porta Micro- USB e una porta Micro-HDMI. Nella torretta superiore, dove trova posto il mirino, troviamo anche il flash incorporato, attivabile premendo un pulsante sulla sinistra. Complessivamente, si può dire che questo corpo non abbia nulla da invidiare a quello di macchine di tutt’altra fascia di prezzo sia per ergonomia che per quantità e qualità di ghiere e pulsanti. In pratica, rappresenta una mezza via riuscitissima tra ciò che ci si aspetta da una ammiraglia e ciò che si desidera da una ultra-compatta e, se ancora non si fosse capito, il design di questa macchina è l’aspetto che più mi piace di questo modello specifico. L’unica pecca, ed è giusto segnalarla è la mancanza di un qualsiasi sistema di stabilizzazione del sensore, che, come vedremo dopo, può essere un problema.
Analisi delle prestazioni
Senza entrare troppo in discussioni tecniche che annoiano il lettore nella stramaggioranza dei casi e per le quali si può andare a spulciare una qualsiasi scheda tecnica reperibile e consultabile in pochi click su Google, si può dire che la G7 sia tutt’ora una macchina solidissima. Il sensore è un m4/3 da 16 megapixel. Scatta in JPEG e RAW e i file prodotti sono ottimamente lavorabili in post produzione con una qualsiasi programma di editing fotografico. Con un profilo standard e un minimo di attenzione anche gli scatti appena uscita dalla camera e senza alcun tipo di post produzione sono buoni per la pubblicazione sui social senza che si possa recriminare in alcun modo sulla qualità dello scatto (anche perché nessuno mai in realtà giudica la qualità degli scatti sui social, visto che siamo tutti troppo impegnati a pensare a noi stessi). Il comparto video è promettente e non delude le aspettative: un buon FHD fino a 50p e un ottimo 4k a 24p o 25p a 8bit 4:2:0. Più di quanto fosse auspicabile su un modello vecchio di 5 anni. La qualità è buona, sicuramente comparabile alle entry-level attuali, soprattutto se la macchina viene abbinata ad una lente luminosa e dalla buona nitidezza (qualcuno ha detto Lumix 25mm f71.7? Che tra l’altro costa pochissimo? No? Era solo una mia suggestione allora) . Veniamo ai difetti: niente stabilizzazione e scarsa tenuta ISO. La mancanza di stabilizzazione si fa sentire nelle riprese a mano libera; gli impercettibili e incontrollabili movimenti delle mani non vengono attenuati in alcun modo e questo rende alcune riprese piuttosto mosse e poco appaganti per l’occhio. In questo caso, il peso irrisorio di questo modello non aiuta a tenere ferma la macchina. La tenuta ISO è, in generale, un problema comune nei modelli m4/3. Non si scappa, anche macchine di alto livello come le ammiraglie Olympus e Panasonic soffrono il low light. Ovviamente, questo fatto, unito alla mancanza della stabilizzazione rende gli scatti o le riprese in condizioni di scarsa luminosità piuttosto complesse da portare a casa. Di certo, si tratta di un modello, come ho detto, affidabile e utilizzabile sia dal foto-amatore sia dal professionista in cerca di una b-cam a basso costo e maneggevole.
Analisi di mercato e considerazioni sul reale valore di un modello
Come al solito, tengo la parte più frizzante da leggere e più divertente da scrivere per ultima. Partiamo da un assunto: non esiste la “macchina per i vlogger”, questa definizione è un’etichetta incollata ad alcuni prodotti dai brand e dalla stampa con l’unico obiettivo di indirizzare all’acquisto di un determinato modello una specifica fetta di pubblico, in questo caso coloro che pubblicano contenuti video su Youtube. Il mestiere dello youtuber è complesso perché deve coniugare la quantità alla qualità, la frequenza alla varietà. Ogni professionista di questo settore, perché, sì, di professionisti si tratta, per quanto la nostra società forse non sia ancora pronta ad accettarlo, hanno necessità di un corpo macchina flessibile e che possa facilitare non poco il proprio workflow aumentando la produttività. Ergo, necessitano di uno strumento di lavoro affidabile, veloce, compatto e capace di sfornare video belli da vedere. Dato questo presupposto, sono molte le domande che mi frullano in testa, la prima delle quali è: davvero Sony e Panasonic pensano di poter attirare i vlogger con le loro ZV1 e G100? O è solo una trappola del marketing? Senza nulla togliere alla qualità di questi due nuovi modelli che hanno dalla loro le ultime novità tecnologiche e dimensioni ancora inferiori a quelle della G7, non riesco a capire come queste macchine possano essere un salto di qualità per quella fetta di mercato specifica. Gran parte dei vlogger, in realtà, usa il proprio smartphone per due motivi: immediatezza e facilità d’utilizzo. Gli smartphone d’oggigiorno sono costosi, certo, anche molto di più di una fotocamera ma offrono una buona qualità e una velocità di utilizzo impareggiabile per qualsiasi macchina fotografica. Certo, esiste anche una parte di youtuber che predilige un set up più pesante e di qualità ma allora mi chiedo: perché spendere oltre 700 euro per uno di questi modelli quando per la metà del prezzo posso avere prestazioni simili ed una ergonomia impareggiabile con la G7? Non comprendo il senso di una spesa di 750 euro per la ZV1 e di 700 per la G100, dato che la G7 si può trovare a meno di 400, addirittura a circa 300 se usata in buone condizioni. Dal punto di vista del rapporto qualità/prezzo non credo francamente che esista partita: la G7 vince.
Conclusioni
A 5 anni dalla sua uscita la Lumix G7 ha ancora una grande lezione da insegnarci: dobbiamo imparare a leggere il mercato, a capirlo e a slegarci dalla sue logiche consumistiche. La G7, così come la G80 e la GX8, per citare altre Lumix, o la Fujifilm X-T100 o la Son a5100, per citare modelli dal sensore più voluminoso, dimostra come la corsa alle specifiche tecniche, che vede i brand inseguirsi l’un l’altro in una scalata verso sensori enormi e risoluzioni fantasmagoriche, abbia distolta l’attenzione dalla qualità complessiva di un dato modello. In questo 2020, il fotografo alle prime armi farebbe un affare acquistando uno di questi modelli, perché potrebbe coniugare una qualità fuori da ogni dubbio con un prezzo contenuto e accessibile. Questi modelli sono i veri fautori dell’avvicinamento alla fotografia e al video da parte dei giovani neofiti ed è un peccato vedere i brand bistrattarli così tanto nella speranza che vengano dimenticati o sottovalutati in favore di nuovi prodotti che di innovativo hanno ben poco. Concludo con un’altra staffilata alle tecniche di merchandising proprie delle case produttive; indirizzare la propria campagna marketing verso uno specifico target, invece di presentare i propri prodotti come strumenti buoni a tutto tondo, a mio parere è deleterio perché svia il potenziale acquirente e manda un messaggio sbagliato, ovvero che per ogni lavoro corrisponda un corpo macchina. Cosa non vera. Lunga vita alla G7, la baby ammiraglia che, nel suo piccolo, punta in grande.