Recensione BGVP DM6

Introduzione

Ci sono due tipi di persone: quelli che si fanno trascinare dal treno dell’hype e quelli che mentono. Io, che sono una persona sincera, per queste DM6 non ci ho dormito le notti. E non ci ho dormito perché Bad Guy – no, non il pezzo di Billie Eilish, bensì BGGAR – ed altri influenti membri della comunità audiofila hanno scosso gli animi elevando a reliquia questo paio di monitor. Parliamo di 200$ (USD), un prezzo che per un audiofilo comunemente inteso è considerabile noccioline, ma per una persona come me - o come molti lettori del sito – è decisamente proibitivo. Basti pensare che il miglior lettore MP3 – iPod defunti a parte – a mia disposizione è un FiiO M7, che costa più o meno la stessa cifra di queste cuffie. Sebbene non ci sia una formula matematica per scandire il rapporto tra i prezzi delle varie attrezzature, mi è comunque abbastanza semplice dedurre che per pilotare cuffie di questa fascia (e oltre) sia necessario qualcosa di meglio di un DAP entry-level. In ogni caso, quando questo brand si è presentato al pubblico lo scorso anno con le DMG e le DM6, il mercato ha subìto un brusco scossone, realizzando quanta qualità fosse ormai raggiungibile spendendo meno di 200 dollari. Non perché siano pochi, in assoluto, lo ripeto; ma perché questi prodotti sono stati subito associati a mostri sacri come le Shure SE846 o alcuni modelli di Empire Ears, notoriamente molto più costosi. Grazie a fornitori e amici, ho messo le mani su entrambi i monitor di BGVP – che, per inciso, significa Best Gear for Various Personalities -, realizzando inoltre che trattasi dello stesso brand che un tempo era Sidy Studio, di cui ho per puro caso le DM3 (d’altro canto, pure il nome è un indizio bello grosso) prese su Penon (link qui).

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Scatolame

Scriverei di quanto mi piace o non mi piace la presentazione, ma di queste DM6 ho preso il testimone da un amico e collega, a mo’ di staffetta, il quale mi ha fornito solamente cuffie e cavo. Dunque, ne approfitto per dire che le ho personalizzate affinché avessero quel che – secondo l’agitazione generale – meritavano. Un cavo migliore (quello stock argentato è un po’ rigido, sebbene abbia degli ottimi connettori), degli adattatori auricolari seri, un astuccio rigido per il trasporto. Il cavo che ho scelto è un 16 core a singolo cristallo, in rame, di HiFiHear, senza archetti precurvati, da 3.5mm. I gommini li ho presi in prestito dalle sorelle DMG (quelli blu), dalle NiceHCK N3 (quelli bianchi) e dalle ADVANCED M4 (i Comply in memory foam). L’astuccio l’ho preso su Gearbest. Ora devo dire che si presentano molto bene – e ci mancherebbe.

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 Suono

Ecco, a parlar di suono mi sento agrodolce. No, le DM6 non hanno atteso le aspettative. Sì, ci sono comunque affezionato. Parliamo di una configurazione a 5 armature bilanciate, alcune delle quali della Knowles – marchio leader del settore, che lavora per gli apparecchi acustici. Una cosa che ho notato subito è che sono estremamente facili da pilotare. Nonostante la quantità di driver, il volume è altissimo anche se la sorgente è un semplice smartphone. Senza dubbio una nota positiva. Come d’altro canto lo è il livello di dettaglio che riesce a scaturire durante la riproduzione dei brani. Quest’ultima è una caratteristica che ci si aspetta da questo tipo di driver. Ciò che, invece, non ci si attende, è un basso così prorompente. Non suona come un basso da driver dinamico, ha meno coda e meno vitalità, però è davvero massivo – in senso positivo. L’estensione è buona nel sub, che non manca di corposità; anche i bassi-meno-bassi sono ben gestiti, senza andare ad inficiare sulle medie frequenze. Medie frequenze che sono, probabilmente, il fiore all’occhiello di questo set: precise, ben separate nei livelli, ariose. Gli strumenti non si confondono nel mix, la distribuzione nello spazio è precisa e le voci risaltano sulla scena. Gli alti sono piacevoli: temevo di trovare gli stessi sibili delle sorelle DMG, ma non sono né sibilanti, né aspre, né in genere brillanti. Una gamma alta davvero ben gestita, a volte addirittura troppo controllata. Questo suona potenzialmente negativo, perché – in effetti – non c’è quell’insieme di picchi in alcune frequenze che ingannano il cervello per quanto concerne lo spazio percepito. Nessun trucco di psico-acustica, dunque, fattore che rende il suono un po’ chiuso e il palcoscenico solo nella media. Nulla di troppo ovattato, ma certamente un suono tendenzialmente scuro e poco brillante. Perché tra tutti questi elogi mi sento ancora agrodolce? Perché per le notti che ci ho perso mi aspettavo di piangere dall’emozione ad ascoltare questi monitor; ma no, nulla del genere. Un buon set, molto analitico, davvero consigliabile agli amanti dei bassi e un ottimo strumento da palco – perché, tra parentesi, ogni cosa di questo set suggerisce il possibile utilizzo on stage. Forse sono cuffie un po’ troppo colorate per chi si aspetta di utilizzarle come monitor in studio, ma nulla di drammatico, in realtà. Il tuning è di alto livello.

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 Ah, ho usato il già citato FiiO M7, ma non solo. Quando avevo in test l’iFi xDSD, M7 gli era un ottimo compagno. E poi il mio fido MacBook Pro, che si giostra tra l’interfaccia audio che uso per produrre (la scontatissima Focusrite 2i2), il Topping NX4 (un buonissimo DAC/Amp dalle dimensioni molto contenute) e l’XDUOO XP-2, simile al precedente ma meno potente – tuttavia più versatile. Ci ho ascoltato di tutto – davvero, di tutto. Citando qualcosa: the Bloody Beetroots, Billie Eilish, Bon Iver, Everything Everything, Coldplay, Muse, Toto, Jack Garratt, nonché montagne di pezzi di musica d’autore italiana contemporanea e non.

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Confronti

Non trovo le DM6 migliori o peggiori delle DMG – entrambe affermazioni che ho sentito fare. Sono altresì prodotti difficili da comparare, data la diversa tecnologia al loro interno. Non mi sento di mettermi ad analizzare in velocità il suono delle DMG rischiando di trascurare dettagli importanti, ma dal mio punto di vista le DM6 hanno subìto una notevole raffinazione delle alte frequenze (leggere assenza di sibili) e delle basse (il controllo è decisamente superiore). I medi, inoltre, sono meno incassati. Di contro, suonano in modo meno divertente e meno naturale, certamente più analitico. Le DMG vincono per quanto riguarda l’ampiezza percepita della scena.

Le AudioSense T800 vincono perché portano tutto il buono a un livello superiore, controllano ancora di più i bassi e ampiano il palcoscenico. Il dettaglio, poi, è ancora migliore.

Le YinYoo Topaz sono più piatte, meno dettagliate, con meno bassi, mentre le sorelle D2B4 sono simili alle DMG come configurazione hardware ma suonano peggio in ogni ambito.

Le IKKO OH1, pur essendo ibride e con molti meno driver, sono comparabili – ma più divertenti e dalla spiccata vitalità.

 

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Conclusioni

Tutto qui?

Quasi.

Probabilmente non riuscirete più a trovarle, queste DM6, se non nel mercato dell’usato. Sono fatte a mano, la produzione è sempre stata molto lenta anche durante il massimo periodo di vendita; inoltre, ci sono stati alcuni problemi tra il brand e il rivenditore ufficiale che le aveva, ad esempio, messe su Drop – altro motivo del successo, probabilmente, era la scarsa reperibilità ma l’altissima richiesta. Adesso BGVP si è stanziato come un brand di massa, con tantissimi modelli – anche troppi. Le top di gamma non sono più le DM6, nemmeno le successive DM7 (che hanno comunque subito un rincaro di 100$); sono le ArtMagic V12 e le sorelle ES12 (ibride elettrostatiche). Dal prezzo pressoché decuplicato. Il che mi rende tristemente difficile testarle.

 

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Le consiglio? Anzi, al condizionale: le consiglierei? Sì, sono un ottimo prodotto, ma non sensazionale come alcuni hanno tentato di farci credere. Se le trovate, anche usate, sono un pezzo da collezione che punterei ad avere.

Recensione RevoNext QT5

Prezzo: circa 25€

Dove acquistarle:

AK Audio: [link]

Amazon: https://amzn.to/2JKyg2H

Specifiche tecniche:

  • Configurazione driver: 1 dinamico + 1 armatura bilanciata

  • Risposta in frequenza: 7-40k Hz

  • Impedenza: 15 Ohm

  • Sensibilità: 105 dB/mW

 

Grazie ad AK Audio per il sample fornito per questa recensione.

Torno a scrivere in italiano dopo alcune recensioni in inglese. Il motivo è semplice: da un lato voglio portare avanti questo progetto “bilingue”; dall’altro ho già recensito in italiano un altro modello di questo brand, per cui preferisco iniziare dalla recensione italiana con queste QT5, per completezza.

 

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Unboxing e prime impressioni

Ammetto di non essere particolarmente stupito dagli accessori forniti in dotazione. La presentazione è moderna ed elegante, con una scatola non più bianca ma nera con varie informazioni sui lati; gli auricolari sono già attaccati al cavo – che è removibile e lo standard è il 2pin da 0.78mm -. Il cavo ha il chin slider e arriva con un velcro brandizzato molto utile. Ci sono, però, solo tre paia di gommini in silicone (buoni, comunque) e nessun astuccio per il trasporto. Per questo prezzo, onestamente, non posso lamentarmi. Le QT5 costano stranamente meno delle QT2, sebbene il cavo sia decisamente migliorato (probabilmente è lo stesso delle QT2S) e il peso risulti più importante; ammetto che non mi succede spesso di provare auricolari così pesanti. Qualche parola in più sul cavo: non ho informazioni precise, ma è ottimo, con quattro corde intrecciate, e pare essere rivestito in rame; il mio ha anche un microfono, di media qualità, ma può essere acquistata la versione senza microfono. Essendoci, come già detto, uno slider per connettere le due parti del cavo ad altezza mento, la versione con microfono ne rende l’utilità relativa, visto che al mento non arriverà. Non è grave, dal momento che la stabilità è buona. Non sono le cuffie più comode, visto che l’ugello (che, tra parentesi, è stranamente l’unica parte plastica della cuffia) è piuttosto grosso e se avete un condotto uditivo non troppo grande (come me) potreste avvertire del fastidio. Il design è davvero interessante, più apprezzabile “moralmente” di quello delle QT2, che erano davvero troppo simili alle Campfire Andromeda. Sul fronte ci sono delle aperture per permettere il passaggio d’aria, necessario al driver dinamico per funzionare. Questo stile un po’ steampunk unito alla colorazione (grigio metallizzato nel mio caso, con finitura spazzolata, ma esiste anche una versione in rame) dona uno stile unico a questi auricolari.

 

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Suono

Le mie sorgenti: FiiO M7, Dodocool DA106, Focusrite 2i2 da MacBook Pro 2012, Zorloo ZuperDAC-S da Mi MIX 2.

I miei file: DSD (Pink Floyd), FLAC 24/92 (Queen, Jack Garratt), FLAC 16/44 (Bon Iver, Greta Van Fleet, Jacob Collier, …), ALAC (Sia), MP3 320 (Jamie Cullum, Niccolò Fabi, Everything Everything, …).

 

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In linea generale, queste QT5 sono estremamente simili alle QT2. Anche per questo motivo, mi è difficile giustificarne la differenza di prezzo. La firma sonora è bilanciata, tendente al brillante (purtroppo), il che rende aspre alcune voci femminili (Sia, ad esempio, in molti brani soprattutto di album meno recenti). I sibili sono ancora presenti, leggermente smussati rispetto alle QT2. Probabilmente c’è stato un tentativo di ammorbidire la spigolosità del suono delle QT2, ma alla fine dei conti io mi trovo ad apprezzare e criticare gli stessi aspetti delle sorelle.

I bassi non sono esagerati, il che personalmente può essere considerato un lato positivo, perché non rischiano di rovinare le medie frequenze o di essere troppo pesanti. Anzi, sono veloci e precisi. I medi sono molto ben definiti: gli strumenti hanno il proprio spazio e sono ben distribuiti, le voci altrettanto. C’è un buon dettaglio in ogni range di frequenze. Onestamente nemmeno gli alti sono malaccio, sebbene nelle loro frequenze più basse ci siano dei picchi a cui io sono sensibile (7 kHz probabilmente). A parte ciò, l’estensione è buona e le voci il più delle volte piacevoli. I sibili non sono scomparsi, ma sono meno evidenti rispetto alle QT2: non credo siano cuffie sibilanti di natura, ma di certo la loro equalizzazione non aiuta a nasconderne eventuali, se presenti nella registrazione. Apprezzo particolarmente il palcoscenico, che nella sua modesta estensione è accogliente e preciso nella posizione simulata degli strumenti. In generale, non vedo un singolo motivo per non apprezzare questi monitor (sì, mi sento di poter dare loro questo attributo): sono economici, costruiti veramente bene, con un cavo di qualità e ottimi materiali e suonano con una firma ormai caratteristica del brand, che ci si aspetta e si impara ad apprezzare.

 

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Confronti

RevoNext QT2: d’accordo, le ho già ampiamente confrontate. Faccio un riassunto: considerato che ora ci sono le QT2S (QT2 con cavo migliorato), le mie considerazioni sul terribile cavo con cui arrivano le QT2 normali ormai lasciano il tempo che trovano. QT2 e QT5 si somigliano molto: entrambe in metallo, entrambe con un driver dinamico e un’armatura bilanciata. Suonano in modo simile. Entrambe non sono il massimo della comodità a lungo andare, ma le QT5 sono leggermente più comode. Cambia il dettaglio, più estremo nelle QT2, e il tuning delle alte frequenze, più smussato e piacevole – sebbene non perfetto – nelle nuove QT5. Il punto è: in queste fasce di prezzo, dieci euro in più sono quasi il doppio del prezzo iniziale. Come si giustificano dieci euro in più per le QT2? Per me è difficile. Prendete le QT5, se avete il dubbio su queste due. Trovate le QT2 qui: https://amzn.to/2V2zpnu

 

KZ ZSN: non le ho ancora recensite. Per essere di KZ, stupiscono: non ho avuto buone esperienze in passato (ZS3, ES4), quindi sono rimasto doppiamente stupito dalla qualità delle ZSN. La costruzione è plastica, non al livello delle QT5, con un fronte metallico che ne condivide, però, lo spirito steampunk. La comodità è superiore, il cavo simile. Il tuning è diverso: le ZSN suonano in modo più “divertente”, con più bassi, un po’ più di asprezza negli alti data la loro enfasi, e i medi incassati. Non eccessivamente, ma talvolta si sente chiaramente il volume delle voci sovrastato dagli strumenti. Sono comparabili per quanto riguarda lo spazio percepito e la precisione della scena. Mi è difficile consigliare l’una o l’altra; se puntate alle KZ, consiglio di aspettare anche la versione Pro, allo stesso prezzo ma con delle migliorie (arriverà anche quella recensione). Trovate le ZSN qui: https://amzn.to/2Wt57KJ

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Conclusioni

Un altro paio di auricolari sorprendenti per la fascia di prezzo, che ci ricorda che viviamo in un periodo di straordinaria crescita in ambito monitor economici. Consiglio vivamente questi RevoNext QT5, ancor più dei fratelli QT2.

Recensione ADVANCED Model 3 Wireless

 Prezzo: circa 105€ (Wireless), 40€ (Cablate)

Dove acquistarle: https://amzn.to/2GAc5K2 (Wireless), https://amzn.to/2GOdHz3 (Cablate)

Specifiche tecniche:


Ringrazio Joe di ADVANCED per il sample (e il caffè).

Dopo aver provato le M4, il primo modello di ADVANCED in assoluto, è la volta delle Model 3, in versione wireless. Un prodotto, a mio parere, diametralmente opposto rispetto alle M4. Nonostante le due condividano il medesimo motto, “designed for musicians”, la mia impressione è che queste Model 3 siano in realtà molto più orientate verso le masse di quanto non fossero le M4. Per design e piazzamento, è intuibile che le Model 3 siano pensate come concorrenti delle Shure SE215 (anche per driver!). Magari un giorno uscirà un confronto tra le due – quando recupererò un paio di Shure, quantomeno.

 

Unboxing e prime impressioni

Le Model 3 wireless differiscono dalla versione base per due fattori: il cavo Bluetooth e il prezzo. Il cavo è intercambiabile: in dotazione, infatti, è fornito un cavo a jack di scorta, per le emergenze in cui il cavo Bluetooth si scarica. Dico “di scorta” perché la qualità non è minimamente paragonabile a quello principale wireless: mentre il cavo Bluetooth è molto grosso e resistente, quello secondario è sottile e assemblato in modo mediocre, come si può sentire scuotendolo (il pulsante per rispondere alle chiamate balla). Quantomeno, per l’appunto, ha i comandi a filo e può essere usato con qualsiasi sistema operativo mobile per rispondere alle chiamate; il microfono, peraltro, non è male. Per quanto riguarda il prezzo, la versione base (in USA) costa esattamente metà di questa versione Bluetooth (40$ vs 80$); più o meno, la questione si ripete per il mercato italiano, con dei prezzi superiori per ovvi motivi di tasse di importazione e dogana dagli Stati Uniti. Modello che in Italia non si può comprare, è il cosiddetto “Live”: una versione a filo ma con un cavo migliorato; in USA si piazza a metà tra i due, per quanto riguarda il prezzo, e dovrebbe avere anche un adattatore a 6.3mm per le interfacce audio.

Ho apprezzato la dotazione di gommini: sono davvero tanti e di diversi tipi (3 paia in silicone e 3 paia in memory foam), così da permettere una vasta scelta per le proprie esigenze di comfort e di stabilità. In generale, la presentazione e gli accessori danno l’idea di un prodotto di fascia molto alta; anche la custodia è davvero pregevole, essendo spaziosa e rigida, nonché di ottima fattura. Per quanto riguarda la qualità costruttiva e i materiali, sono nella media: le plastiche sono buone e ben assemblate, ma dovete evitare di staccare e attaccare il cavo di continuo (come fanno a cuor leggero nella pubblicità): sebbene io non lo faccia quasi mai con le cuffie, ho provato ben quattro cavi diversi (i due in dotazione, più due cavi che avevo in casa), stressando i connettori ad un livello che già mi pare sufficiente per compromettere l’integrità di questi monitor. Mi sono fermato con il cavo stock delle NiceHCK M6, che lascerò attaccato a queste Model 3: per quanto sia comodo il Bluetooth, preferisco non dover ricaricare anche le cuffie, per cui mi “accontento” di un cavo a jack, ma di qualità superiore a quello fornito in dotazione – e, soprattutto, più lungo!

Il prodotto è certificato Hi-Res dalla Japan Audio Society. Ne abbiamo bisogno? No, il prodotto parla da sé. Ma questo aiuta nel marketing.

 

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Funzioni

Il cavo Bluetooth in dotazione supporta lo standard AptX di Qualcomm. Non il codec migliore in circolazione, ma sicuramente onesto. Con il mio Xiaomi Mi MIX 2 e il FiiO M7 non ho avuto alcun problema di latenza. Con il MacBook Pro 2012 la comunicazione si ferma a SBC, a più alta latenza sulla carta, ma non per quanto riguarda l’utilizzo. Le uniche difficoltà che ho riscontrato sono state per il pairing (col Mac mi sono serviti cinque tentativi) e per la stabilità del segnale, che salta più o meno casualmente. Mi è parso di capire che alla ricezione di qualche notifica, il segnale dimostra qualche incertezza; per questo, consiglio comunque l’utilizzo di un DAP piuttosto che di un telefono, cosicché si possano evitare questi possibili problemi (non ricevendo notifiche nel lettore). Ho confrontato la latenza del cavo con quella dello stesso FiiO collegato al mio telefono come ricevitore Bluetooth: quest’ultimo si è rivelato molto peggiore (nonostante lo standard arrivi fino a LDAC, passando per l’AptX HD). Dunque, buon lavoro, anche per quanto riguarda la distanza di comunicazione che arriva intorno ai dieci metri con muri non portanti in mezzo.

La batteria ha una durata media (4/5 ore). Il cavo ha un intelligente design che permette di proteggere la porta di ricarica (micro-USB) da eventuale polvere, e nel contempo fornire una buona vestibilità poggiandosi sulle nostre spalle. Per quanto riguarda il comfort, sono uno dei migliori auricolari provati (e ne ho provati tanti): il formato in stile Shure/Westone è vincente, e dà subito l’idea di un monitor professionale (anche se Bluetooth e cavo con tastino di risposta sortiscono l’effetto contrario). Ah, non voglio dire che il microfono o il tasto per le chiamate non sono utili ai professionisti; dico che è molto più probabile che utilizzino un altro paio di auricolari per le chiamate, rispetto a quello da palco/produzione.

Il cavo Bluetooth ha delle funzioni interessanti (classiche, ma complete): volume su/giù, play/pausa, avanti/indietro col brano, risposta alle chiamate, con diverse combinazioni dei tre tasti sul filo. Il pairing si fa tenendo premuto il tasto di accensione (da cuffie spente) per qualche secondo in più, finché il led inizia a lampeggiare di due colori.

 

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Suono

Sorgenti: FiiO M7, Mi MIX 2 con DAC Zorloo ZuperDAC-S e MacBook Pro 2012 con interfaccia audio Focusrite 2i2 di prima generazione.

File: DSD, FLAC, ALAC, MP3, M4A, di varie frequenze e bitrate.

Cosa ho ascoltato: “Colour the Small One” di Sia, “Djesse Vol.1” di Jacob Collier, “Where are You?” di Frank Sinatra, “Ghost Stories” dei Coldplay, “O” di Damien Rice, e altre varie ed eventuali tracce di Queen, Pink Floyd, Genesis, Radiohead…

Pur non credendo al burn in per le cuffie, essendo queste a singolo driver dinamico (un mini speaker, in pratica) ho pensato che non facesse di certo male farle suonare qualche decina di ore prima di provarle. A tal proposito, riconfermo l’ottima durata della batteria del FiiO M7, se volete leggere la recensione è qui.

 

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Strano a dirsi, ma questa cuffia è stata una delle più difficili da valutare per me. Perché? Perché mi aspettavo un suono simile a quello delle M4, ma a conti fatti i due non hanno niente a che vedere. Cosa positiva o negativa? Né una, né l’altra. Ho amato le M4 per il suono assolutamente di riferimento, neutrale e bilanciato, nonché inverosimilmente piatto. Queste Model 3 mi hanno ricordato le Momentum di Sennheiser (che ho provato in versione On Ear, ma presumo suonino similarmente, per quanto riguarda il tuning, alle In Ear): un suono che mi ha colto di sorpresa per l’estremo calore, a cui ho dovuto abituarmi. Non è una cosa negativa; è, però, un fattore che mi fa mettere le mani avanti per quanto riguarda la produzione musicale. A conti fatti, queste cuffie sono rivolte più alle esibizioni live e all’ascolto di musica che alla produzione musicale, che richiede un suono molto più piatto di questo. Un monitor da palco può essere più flessibile – considerato il prezzo di questi monitor, chiaramente parliamo di livelli di esibizioni in cui ogni fattore è flessibile. Ciò detto, e sottolineando di nuovo la prevalenza del basso, l’unico fattore negativo – o meglio, impreciso – del suono è il fatto che le medie frequenze siano leggermente “sporcate” da questa corposità. Di positivo, in risposta, c’è che queste Model 3 sono delle cuffie che rispondono molto bene all’equalizzazione, dunque le potrete adattare con precisione al vostro gusto – o a un suono più neutrale, basandosi ad esempio sul grafico di risposta in frequenza riportato in confezione e aggiustandolo. Non sono un estimatore dell’equalizzazione, ma talvolta salva un prodotto (vedi, ad esempio, le Tin HiFi T2 Pro, che ho recensito qui). Di molto piacevole, in gamma bassa, ci sono le voci: un Frank Sinatra – o, ancora meglio, un Mario Biondi - si sposa davvero bene con questo tuning. Oltretutto, c’è una buona separazione strumentale, nonché una discreta rappresentazione degli strumenti che si muovono in quest’area: bassi, contrabbassi, grancasse… Il rischio con auricolari con sfondi così scuri è di impastarsi facilmente. Qui non succede, anche se talvolta si ha l’impressione che l’enfasi di alcune frequenze “contamini” la pulizia generale del suono. Gli stessi lati positivi sono riscontrabili in parte in gamma media, nonostante un volume percettibilmente più basso, segno e conferma del tuning a “V” di questi monitor. La separazione strumentale, in generale, risulta solo nella media, per questi medi un po’ incassati. La gamma alta è caratterizzata da chiarezza e pulizia, nessun picco fastidioso per le mie orecchie, né brillantezza di alcun tipo (di cui non sono fan, per cui: meno male); in alcuni brani molto presenti in quest’area talvolta percepisco alcuni sibili di troppo. Nulla di cui preoccuparsi. Dispiace percepire degli alti più bassi di volume rispetto ai bassi: questo sbilanciamento è causa del mio non totale apprezzamento di questo prodotto. Diciamo che il suono caldo ed emozionante è una mossa vincente, quando gli Everything Everything su “Can’t Do” dicono “I’m loving the bass, I’m loving the drums” il basso e la batteria attaccano in modo davvero d’effetto. Ma il tuning generale per me è troppo scuro – parlo, ovviamente, di gusto personale. Non amo le cuffie brillanti, ma una via di mezzo è l’ideale. Il palcoscenico è piuttosto intimo, certamente molto più ristretto di quello che vi regalano le M4 della stessa azienda. C’è una buona rappresentazione della scena, piuttosto precisa, ma molto vicina all’ascoltatore. Anche qui: va a gusti, personalmente l’ampiezza estrema delle M4 è più vicina alle mie esigenze.

 

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Confronti

ADVANCED M4: sebbene siano della stessa azienda, sono prodotti talmente diversi che li metto a confronto solo perché nati dalle stesse teste. Non ve ne consiglio necessariamente uno rispetto all’altro: se avete esigenze di un prodotto versatile (Home recording, telefonate, …) e adatto alla produzione musicale o amate una “piattezza” totale (come me), prendete le M4; se volete un prodotto dalla diversa versatilità (cavo sostituibile) e dal suono più scuro, bassoso, colorato, nonché più comodo da indossare, prendete le Model 3. Alla fine dei (miei personali) conti, le M4 rimangono in cima alla lista delle cuffie che preferisco in assoluto; queste Model 3 no. Le trovate qui: https://amzn.to/2BDPubd

Farò qualche altro veloce confronto, ma rapportandomi al prezzo della versione cablata. Insensato sarebbe mettersi a confrontare una cuffia Bluetooth da 100€ con una cablata di altrettanto valore, quando in realtà il divario delle due versioni cablate è eccessivo; nel senso che le Model 3 cablate costano 40€, ed è da lì che andrò ad attingere qualche controparte.

 

RevoNext QT2: il confronto ci può stare, perché la fascia di prezzo è simile ma il suono molto diverso. Le Model 3 sono bassose, lo si è capito; le QT2, invece, sono brillanti. Molto brillanti, tanto da farmi desiderare un terzo concorrente che coniughi i pregi di queste due cuffie. Non c’è necessariamente un vincitore, nemmeno in questo caso: all’epoca della prova delle QT2, le avevo molto apprezzate. Ora, avendo provato moltissimi modelli, ho relativizzato quell’entusiasmo e quelle qualità: le QT2 sono ancora un buon acquisto, ma dovete essere molto poco sensibili ai sibili e a una importante enfasi nelle alte frequenze. Sicuramente ADVANCED vi dà qualcosa in più in termini di accessori. Le trovate qui: https://amzn.to/2DTWwct

 

YinYoo V2: una delle mie scelte preferite assieme alle M4 di ADVANCED, ma per motivi molto diversi. Un tuning simile alle Model 3, ma più equilibrato – un po’ meno bassi, un po’ più alti. Come accessori siamo lì, ma il cavo (a jack, lo ricordo) delle Model 3 perde rovinosamente. Dove le Model 3 vincono è nel comfort e nell’isolamento dall’esterno – grazie anche ai tips in memory foam, che sono veramente graditi. Come qualità costruttiva preferisco le V2. In generale, prenderei le V2 se avessi solo queste due scelte. Le trovate qui: https://amzn.to/2DTsrtn

 

1MORE Piston In Ear: un modello che non ho apprezzato così tanto. Sebbene sia ben presentato e offra una buona accessoristica, il suono mi è risultato ovattato e scuro. Scure sono anche le Model 3, e molto più enfatizzate in gamma bassa. Nonostante lo sbilanciamento verso i bassi, in questo caso sceglierei le Model 3: il cavo sostituibile è un grosso punto a favore, vista anche la fastidiosa microfonicità del cavo delle 1MORE. Inoltre, la risposta all’equalizzazione è migliore nelle ADVANCED, dunque sarete in grado di mitigare questa prevalenza del basso e godere di un suono più neutrale; difficile, invece, agire sulla “chiusura” del suono nelle Piston: un po’ come per le Meze 12 Classics, sebbene il suono in fin dei conti sia gradevole per l’utente medio, nemmeno il rodaggio riesce ad aiutare questi driver a regalare un suono più arioso. Le trovate qui: https://amzn.to/2DRzqDg

 

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Conclusioni

È difficile concludere. Sono stato tanto stupito dall’estremo bilanciamento delle M4, quanto contrariato da questa sensibile prevalenza di bassi nelle Model 3. Senz’altro questa versatilità Wireless+Wired può far comodo a molti, il cavo Bluetooth non è male e regge piuttosto bene le connessioni. Ma è difficile, per me, riuscire a consigliare questa versione Wireless a più di 100€. Certamente 80$ negli USA è più ragionevole, ma è il solo prezzo della versione cablata, a mio parere, a essere veramente in linea con la qualità finale del prodotto. Un po’ mi dispiace, perché la partenza con le M4 era stata più che ottima. Spero che gli altri prodotti, anche di fasce più alte, seguano proprio la strada delle M4 – magari affidandosi alla stessa comodità nell’indossarli di queste Model 3. Equalizzate, comunque, regalano degli ottimi spunti e fanno intuire una buona scelta dei driver. Menzione d’onore per i tips in memory – non solo perché sono presenti, ma perché sono i migliori che abbia provato per porosità, comfort e isolamento. In conclusione, paradossalmente ho apprezzato queste Model 3 più per la comodità del Wireless che per un vero e proprio suono di riferimento, come pensavo prima di provarle. Il buon cavo Bluetooth può essere usato con qualsiasi cuffia MMCX, e questo è un grandissimo vantaggio. Non pensavo l’avrei mai detto, detestando le cuffie brillanti, ma: qui ci vuole più corposità in gamma alta.

Recensione Tin HiFi / Tin Audio T2 Pro

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Specifiche:

  • Doppio driver dinamico (Woofer da 10mm + tweeter da 6mm)

  • Impedenza: 16 Ohm

  • Sensibilità: 102 dB/mW

  • Risposta in frequenza: 12-40k Hz

 

Ringrazio Lillian di Linsoul per il sample e la cortesia. Trovate la mia recensione in lingua inglese qui: https://simplyaudiophile.wordpress.com/2018/12/15/tinaudio-t2-pro-review-skip-this-one/

 

Se c’è un prodotto che ha smosso il mercato budget del 2018 in ambito audiofilo, sono state le T2. Tin Audio, arrivata al secondo modello, sembrava essere la miglior scelta per la maggior parte delle persone. Con questa declinazione, che vuole essere una raffinazione di quel secondo modello, l’asticella vuole salire ancora. Purtroppo, non ho ancora avuto occasione di provare le T2 non Pro, dunque mi è difficile dire se effettivamente rispetto a quelle c’è stato un passo avanti.

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Unboxing e prime impressioni

Un fattore di sorpresa in queste cuffie è quello delle prime impressioni: la scatola con cui arrivano è esattamente la stessa degli orologi Daniel Wellington (metto le foto per il confronto di seguito). La presentazione è molto elegante ed evidenzia subito i pregi delle cuffie: la costruzione, il cavo removibile, i tips in memory di un inusuale colore azzurro e il design particolarmente azzeccato. Per essere sempre neutrale, devo comunque avanzare una critica: forse era meglio mettere un astuccio rigido per il trasporto anziché una scatola tanto bella quanto poco funzionale. In ogni caso, oltre ai tips in memory ci sono altri gommini in silicone – che ho preferito, perché il foam utilizzato è un po’ troppo rigido. Il cavo è davvero bello, al tatto sembra quasi tessuto; è però un po’ sottile e dà l’impressione di essere fragile. È intrecciato e non ha comandi a filo né microfono. Ci si accorge immediatamente di due cose: le dimensioni delle cuffie, certamente importanti; il fatto che la destra e la sinistra siano “storte”. Cosa intendo? Che nonostante le dichiarazioni dell’azienda di poterle indossare come delle In Ear o come dei monitor (attorno all’orecchio), non si può evitare di storcere il naso nel primo caso: la protuberanza della cuffia collide con quella dell’orecchio, quando dovrebbe essere una questione complementare. Ma è un problema relativo, perché il mio consiglio è di indossarle nell’altro modo, come dei monitor. Il fit è mediocre: viste le grandi dimensioni, per un orecchio medio-piccolo come il mio sarà leggermente scomodo e poco confortevole l’utilizzo di queste cuffie. Certamente, la migliore solidità l’ho avuta con i gommini più piccoli in silicone; non, come al solito, con quelli in memory foam, che non hanno la consistenza più adatta a mio parere e sono decisamente troppo grandi. Oltretutto, di silicone ce ne sono di due diversi tipi: consiglio quelli col buco più grande – come quasi sempre mi capita – perché sono più bilanciati nelle frequenze e offrono un palcoscenico più realistico.

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Suono

Le mie sorgenti sono state: FiiO M7, Dodocool DA106, Focusrite 2i2 da MacBook Pro 2012. I file audio vanno – in ordine decrescente – da DSD (Pink Floyd) a FLAC 24/92 (Queen, Jack Garratt) a FLAC 16/44 (Bon Iver, Greta Van Fleet, Jacob Collier, …) ad ALAC (Sia) a MP3 320 (Jamie Cullum, Niccolò Fabi, Everything Everything, …).

 

Ho subito notato due cose ascoltando le T2 Pro: i bassi sono solo sufficienti, gli alti sono eccessivi. Questa l’esperienza in sintesi di una cuffia che si vuole presentare neutrale, ma non ci riesce pienamente. Piccolo passo indietro. Le T2 erano molto neutrali e bilanciate a detta delle recensioni, ma mancavano di bassi. La “geniale” idea dell’azienda è stata quella di rifare il tuning, farle uscire con l’aggiunta di “Pro”, ma anziché lavorare sui bassi sono stati enfatizzati gli alti. Una mossa terribile. Il suono è aspro, sibilante a livelli insopportabili (per il mio orecchio, logicamente). Il basso è onesto, ma potrebbe fare di più. Di buono, anzi, molto buono, c’è il dettaglio impressionante e l’altrettanto buona separazione strumentale, che se la gioca con le ADVANCED M4 e supera sicuramente le BGVP DMG e le NiceHCK M6. Anche l’isolamento è buono. I medi sono la parte migliore della risposta in frequenza, sebbene rovinati dalla gamma alta troppo preminente e sovrastante. La cosa che si può fare è trovare la giusta combinazione tra sorgente e gommini. Il FiiO M7 non è stato di grande aiuto, perché non è una sorgente calda, per cui non ha smorzato l’asprezza. Migliore l’esperienza con il Dodocool DA106, di cui però ho intenzione di liberarmi per il software inutilizzabile. La peggiore esperienza in assoluto è stata con l’Audirect Whistle, che già dal nome anticipa il suo carattere fischiettante. Di certo una pessima sinergia con questa cuffia. Il mio consiglio, se siete sensibili alle mie stesse caratteristiche del suono, è di evitare questo modello oppure di equalizzarlo pesantemente. Seriamente: è meglio smorzare il suono con dei segnali elettrici e risentirne nella pulizia generale, piuttosto che rimanere offesi dalla pessima equalizzazione di default. Ad esempio, l’equalizzazione “Blues” dai preset del FiiO M7 aiuterà non poco a placare i bollenti (anzi, gelidi) spiriti di questa gamma alta e a darci un’impressione di bilanciamento vagamente superiore. Anzi, non voglio sembrare troppo cattivo: diventano ascoltabili. Se aveste un DAP con chip dedicato all’equalizzazione – un Lotoo ad esempio, che io sfortunatamente non possiedo – potete agire a livello più dettagliato e profondo. Osservate la risposta in frequenza di queste cuffie, e abbassate di qualche dB tutta la gamma alta (5/10 dB). In questo modo diventeranno probabilmente delle T2, senza Pro. E allora mi chiedo: perché non acquistare direttamente quelle a prezzo inferiore?

Il palcoscenico è molto buono, avvolgente, spazioso. Peccato, peccato per le voci troppo taglienti. Queste cuffie suonano esattamente come le RevoNext QT2 con più dettaglio. Per il mio gusto, sarebbe anche un tuning interessante: non ho bisogno di più basso di questo, la spazialità c’è, i medi ben delineati e separati. Vorrei provare le T2 modello base, e vedere cosa ne sarà del prossimo modello (restate sintonizzati, che arriveranno presto). Perché, nonostante tutto, c’è un potenziale raro in un suono del genere che ha solo bisogno di essere raffinato. D’accordo, molto raffinato, ma questi driver sono di assoluto livello e lo si sente dalla risoluzione e dalla precisione della riproduzione.

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Confronti

YinYoo V2 (40$): le preferisco. Le preferisco nonostante siano totalmente V-shaped, non adatte alla produzione, poco bilanciate, non neutrali. Perché quando le si ascolta non affaticano, e si possono usare per ore. Anzi, sono state il modello che ho preferito, in generale, lo scorso anno. Queste T2 Pro sono potenzialmente più capaci e questo non si può negare. Le V2 sono nate come una copia, e sfortunatamente per Tin Audio sono riuscite meglio in generale. Ma siate certi che le V2 non vi regalano un dettaglio del genere, né questa scena immaginaria. Hanno sicuramente più basso, una gamma alta più rilassata ma anche dei medi più incassati. Non so, tra i due litiganti il terzo (le T2 base) gode?

 

ADVANCED M4 (50€): scontro impietoso. Sebbene il dettaglio sia leggermente inferiore alle T2 Pro, le M4 hanno un tuning (per me) perfetto. Neutrale e bilanciato come non ne avevo ancora ascoltati. Posso tentare di difendere le T2 Pro per il cavo removibile, ma non ho alcun reale motivo per preferirle alle ADVANCED, anzi. Perfino la gamma alta, unico punto a sfavore delle M4, per me è migliore di quella delle TinAudio, che ha più dettaglio, più sostanza, ma un’enfasi eccessiva e sgradevole.

 

RevoNext QT2 (35€): molto, molto simili in termini di suono. La tecnologia è diversa (le RevoNext sono ibride, le Tin Audio solo dinamiche), ma la resa è comparabile. Preferisco le T2 Pro, per la dotazione migliore e per il dettaglio: sono incredibilmente analitiche. D’altro canto, non posso negare che le QT2 erano state un modello molto apprezzato. Come faccio dunque a preferire ad esse un modello che sto quasi bocciando? Perché in termini assoluti le T2 Pro sono superiori, ma relativamente al prezzo penso che il valore delle QT2 le batta.

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Conclusioni

Sebbene il mio personale gusto mi impedisca di apprezzare questo modello dal punto di vista della distribuzione delle frequenze, ne riconosco assolutamente le capacità. Non solo: per chi ama il dettaglio negli alti o addirittura non ha la mia stessa sensibilità in quella gamma, le T2 Pro potrebbero suonare in modo veramente bilanciato e gradevole per molti (e si spiegherebbe senz’altro il perché dell’apprezzamento quasi unanime della scena nei confronti di questi auricolari). Io metto le mani avanti: non ve le consiglio allo stato attuale, e non avendo provato il modello base non posso consigliarvi quello ad occhi chiusi. Posso anticiparvi che è in arrivo la recensione delle T3, però, che sono un modello davvero interessante e senz’altro più vicino al mio gusto.

Recensione Unique Melody Mason V3

Premessa importantissima: il sample che ho recensito è quello dell’Head-fi tour; questa è la versione italiana della mia recensione in inglese che trovate su simplyaudiophile (qui il link diretto).

In realtà, questa non è solamente una traduzione, ma una recensione più personale e critica di quella che ho già fatto in inglese (sia per questioni linguistiche che per il fatto che è più semplice fare aspre osservazioni in questo sito, che gestisco completamente io). C’è molto da dire su questi monitor In Ear. Parto col dire che costano 2700$, un prezzo da professionisti e che nemmeno tutti i professionisti pagherebbero. La fascia di prezzo non è semplicissima da trattare, il prodotto è forse sprecato per un utilizzo da ascoltatore, ed effettivamente è pensato per essere usato sul palco in esibizioni dal vivo. Inutile dire che avevo molte aspettative nei riguardi di queste Mason, che non sono state completamente attese.

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Unboxing e prime impressioni

Ci sono alcuni elementi che rendono premium questo prodotto – qualità audio a parte. La dotazione è uno di questi; in confezione ci sono:

  • Tre cavi (uno single-ended da 3.5mm, due bilanciati rispettivamente da 2.5 e 4.4mm), di superba qualità; lo standard utilizzato è molto poco standard, in quanto si tratta di un attacco a 4 pin con una vite per assicurarli alle cuffie, sinceramente mai visto prima.

  • Un numero indefinito di gommini – non li ho contati, visto che la scatola era già stata aperta ed erano sparsi a caso, e quelli montati andavano già benissimo alle mie orecchie – tra cui dei tips in memory foam di Comply, famosissimi e sempre graditi;

  • Una scatola in titanio pesantissima e di grande effetto, ma di poca utilità: si chiude a malapena con le cuffie all’interno e il meccanismo di avvitamento è troppo fine e macchinoso. Avrebbe fatto miglior figura un contenitore in pelle.

  • Una chiavetta USB a forma di tessera, al cui interno ci sono foto e informazioni sul prodotto.

Ogni cuffia ha una valvola per la regolazione dei bassi. Personalmente ho trovato solo una leggera differenza in termini di ariosità del suono, tenendole aperte. Potrebbe essere solo soggezione, in quanto i driver sono esclusivamente armature bilanciate – e sono tantissime, ben 13 o 16 a seconda della versione – e quindi non necessitano di passaggio di aria.

Sono molto belle a vedersi, nonostante ci si aspetti forse qualcosa in più in termini di materiali su questa fascia di prezzo. L’acrilico colorato semitrasparente fa la sua bella figura, ma si poteva fare anche meglio.

La vestibilità è buona. Nonostante le dimensioni veramente importanti, sono comode e hanno una forma che non tende a scivolare dall’orecchio. L’unica nota negativa è che, personalmente, non sono riuscito ad indossarle molto a lungo, proprio a causa di queste dimensioni notevoli. Nota molto positiva, i gommini sono davvero facili da cambiare. Sembra stupido, ma spesso è un’impresa sostituirli in molti modelli.

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Suono

Piccola precisazione da fare: quando mi è stato offerto di provare questi monitor, ero combattuto. Saltare da una fascia di prezzo ultra economica a una ultra premium è destabilizzante, oltre a richiedere strumentazioni diverse per i test. Chi mi legge sa che ho una dotazione onesta ma non top di gamma (interfaccia audio Focusrite 2i2 e DAP FiiO M7) e quindi ho avuto non poche perplessità. Ciò nonostante, l’occasione era importante, per cui ho fatto i test con le sorgenti che avevo e che utilizzo quotidianamente per tutte le altre cuffie che porto sul sito. Avendo avuto in test nello stesso periodo anche l’Audirect Beam, ne ho approfittato per provarlo con queste V3.

Ho usato solamente il cavo da 3.5mm, con un adattatore da 6.3mm con la 2i2.

L’audio di queste cuffie mi ha lasciato con due impressioni contrastanti. La prima, positiva, riguarda il dettaglio. La seconda, negativa, riguarda il bilanciamento.

Il dettaglio è pazzesco: ogni suono viene riprodotto in modo preciso e analitico. C’è un palcoscenico davvero ampio, migliore di qualsiasi altro io abbia ascoltato da una cuffia In Ear. E l’immagine virtuale è credibile a tal punto da essere incredibile. La chiusura della live di Jeff Buckley “live at Sin-è” mi ha addirittura spaventato quando sono arrivati gli applausi, perché li ho sentiti arrivare alle spalle. In termini di riproduzione della scena non ho nulla da dire di negativo.

In termini di bilanciamento mi aspettavo tutt’altro. Non c’è un suono bilanciato, che è quello che mi attenderei da una cuffia con questo intento, bensì un’equalizzazione a V che non è tanto udibile per l’enfasi nei bassi e negli alti, quanto piuttosto nei medi arretrati. Questo comportamento è stato instabile. Al primo ascolto, infatti, ho notato che il basso – senza equalizzazioni – era praticamente nullo, e quando era richiesto un suono carico suonava tutto abbastanza piatto.

Dopo vari test, ho capito che il comportamento di questi monitor risente della sorgente e del mastering molto più di quanto succeda con tutte le altre cuffie che ho provato. Lo stesso pezzo ascoltato in modo casuale (MP3 da cellulare) suonava stranamente meglio rispetto ad un ascolto più serio (FLAC dal DAP). Ho provato a spingerle con pezzi estremi, prima sui bassi, poi su altre frequenze: tutte le armature di cui è dotata questa configurazione hanno un potenziale altissimo. Ogni tipo di sforzo a cui le ho sottoposte è stato svolto in modo credibile e talvolta eccelso. Il vero punto di forza di questo prodotto è che può essere equalizzato a piacimento, e risponde in modo molto preciso a questi aggiustamenti. Questo essere malleabili li rende ottimi per due tipi di utilizzo: quello da palco – per cui sono pensati – e il cosiddetto My-fi. Io valuto il prodotto per quello che è di default, però. E questo delude le mie aspettative. Non lo consiglierei ad occhi chiusi per registrazioni in studio, perché il suono non è bilanciato. È divertente, poco affaticante, ma non di riferimento.

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È difficile per me stilare una lista di caratteristiche sul suono. Perché un suono così pilotabile ha molti pro ma anche molti contro. Queste cuffie fanno tutto, e molto di ciò che fanno è ad altissimi livelli. Ma non c’è nulla di perfetto. Nulla che pagherei 2700 dollari. La cosa più amara sono le basse frequenze. L’estensione arriva in gamma bassissima, ma a conti fatti il basso si fa sentire solo quando glielo si chiede – ovvero con pezzi molto pompati su quelle frequenze. Quando suona, suona molto bene: carico, incisivo e veloce. Ma nei pezzi di tutti i giorni lo trovo davvero appiattito, smorzato. In potenza è ottimo, di fatto è mal equalizzato, a mio parere.

I medi sono strani: talvolta si sente il taglio nelle frequenze più basse della gamma media, dove mancano degli armonici, è percepibile dove sta la punta della V. Altre volte, il suonare smorzato dei bassi pare sottolineare le voci nei medi. Un comportamento alla Dr Jeckill and Mr Hide?

Gli alti sono buoni. Puliti, cristallini, non accentuati, solo un po’ sibilanti le voci femminili in alcuni casi.

Come ho già detto, la scena è fedele e la “virtualizzazione” della stessa molto credibile.  

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Confronti e conclusioni

Non avendo provato altri prodotti di questa fascia, è ovviamente impossibile per me fare dei confronti.  Interfacciandomi alla fascia di prezzo, posso dire che ci sono prodotti molto, molto più economici che mi hanno stupito di più (e lancio una ovvia provocazione). Parlo, ad esempio, delle RevoNext QT2 (qui la recensione). Spendo meno di un cinquantesimo del prezzo delle Mason, e ho un suono che mi fa pensare di aver pagato decisamente di più. Con le Mason ho avuto l’impressione contraria: non spenderei mai una cifra del genere per un prodotto con questo comportamento. E io in cuffie spenderei tutti i miei guadagni, se potessi, ma solo se ne vale la pena. Questo non è il caso, e lo dico con una punta di amarezza visto l’entusiasmo che avevo nel provarle. Se volete dei monitor ottimi spendendo una cifra abbordabile, la comunità consiglia i BGVP DM6 a 200$; se volete una custom sotto ai 1000$ prendete una CustomArt, che tra l’altro è un brand europeo anche nella produzione. Se avete un budget più alto fatevi una custom della Ultimate Ears con 1000$. Ma non spendetene quasi 3000 per queste, perché non valgono questi soldi.