Recensione BGVP DM6

Introduzione

Ci sono due tipi di persone: quelli che si fanno trascinare dal treno dell’hype e quelli che mentono. Io, che sono una persona sincera, per queste DM6 non ci ho dormito le notti. E non ci ho dormito perché Bad Guy – no, non il pezzo di Billie Eilish, bensì BGGAR – ed altri influenti membri della comunità audiofila hanno scosso gli animi elevando a reliquia questo paio di monitor. Parliamo di 200$ (USD), un prezzo che per un audiofilo comunemente inteso è considerabile noccioline, ma per una persona come me - o come molti lettori del sito – è decisamente proibitivo. Basti pensare che il miglior lettore MP3 – iPod defunti a parte – a mia disposizione è un FiiO M7, che costa più o meno la stessa cifra di queste cuffie. Sebbene non ci sia una formula matematica per scandire il rapporto tra i prezzi delle varie attrezzature, mi è comunque abbastanza semplice dedurre che per pilotare cuffie di questa fascia (e oltre) sia necessario qualcosa di meglio di un DAP entry-level. In ogni caso, quando questo brand si è presentato al pubblico lo scorso anno con le DMG e le DM6, il mercato ha subìto un brusco scossone, realizzando quanta qualità fosse ormai raggiungibile spendendo meno di 200 dollari. Non perché siano pochi, in assoluto, lo ripeto; ma perché questi prodotti sono stati subito associati a mostri sacri come le Shure SE846 o alcuni modelli di Empire Ears, notoriamente molto più costosi. Grazie a fornitori e amici, ho messo le mani su entrambi i monitor di BGVP – che, per inciso, significa Best Gear for Various Personalities -, realizzando inoltre che trattasi dello stesso brand che un tempo era Sidy Studio, di cui ho per puro caso le DM3 (d’altro canto, pure il nome è un indizio bello grosso) prese su Penon (link qui).

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Scatolame

Scriverei di quanto mi piace o non mi piace la presentazione, ma di queste DM6 ho preso il testimone da un amico e collega, a mo’ di staffetta, il quale mi ha fornito solamente cuffie e cavo. Dunque, ne approfitto per dire che le ho personalizzate affinché avessero quel che – secondo l’agitazione generale – meritavano. Un cavo migliore (quello stock argentato è un po’ rigido, sebbene abbia degli ottimi connettori), degli adattatori auricolari seri, un astuccio rigido per il trasporto. Il cavo che ho scelto è un 16 core a singolo cristallo, in rame, di HiFiHear, senza archetti precurvati, da 3.5mm. I gommini li ho presi in prestito dalle sorelle DMG (quelli blu), dalle NiceHCK N3 (quelli bianchi) e dalle ADVANCED M4 (i Comply in memory foam). L’astuccio l’ho preso su Gearbest. Ora devo dire che si presentano molto bene – e ci mancherebbe.

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 Suono

Ecco, a parlar di suono mi sento agrodolce. No, le DM6 non hanno atteso le aspettative. Sì, ci sono comunque affezionato. Parliamo di una configurazione a 5 armature bilanciate, alcune delle quali della Knowles – marchio leader del settore, che lavora per gli apparecchi acustici. Una cosa che ho notato subito è che sono estremamente facili da pilotare. Nonostante la quantità di driver, il volume è altissimo anche se la sorgente è un semplice smartphone. Senza dubbio una nota positiva. Come d’altro canto lo è il livello di dettaglio che riesce a scaturire durante la riproduzione dei brani. Quest’ultima è una caratteristica che ci si aspetta da questo tipo di driver. Ciò che, invece, non ci si attende, è un basso così prorompente. Non suona come un basso da driver dinamico, ha meno coda e meno vitalità, però è davvero massivo – in senso positivo. L’estensione è buona nel sub, che non manca di corposità; anche i bassi-meno-bassi sono ben gestiti, senza andare ad inficiare sulle medie frequenze. Medie frequenze che sono, probabilmente, il fiore all’occhiello di questo set: precise, ben separate nei livelli, ariose. Gli strumenti non si confondono nel mix, la distribuzione nello spazio è precisa e le voci risaltano sulla scena. Gli alti sono piacevoli: temevo di trovare gli stessi sibili delle sorelle DMG, ma non sono né sibilanti, né aspre, né in genere brillanti. Una gamma alta davvero ben gestita, a volte addirittura troppo controllata. Questo suona potenzialmente negativo, perché – in effetti – non c’è quell’insieme di picchi in alcune frequenze che ingannano il cervello per quanto concerne lo spazio percepito. Nessun trucco di psico-acustica, dunque, fattore che rende il suono un po’ chiuso e il palcoscenico solo nella media. Nulla di troppo ovattato, ma certamente un suono tendenzialmente scuro e poco brillante. Perché tra tutti questi elogi mi sento ancora agrodolce? Perché per le notti che ci ho perso mi aspettavo di piangere dall’emozione ad ascoltare questi monitor; ma no, nulla del genere. Un buon set, molto analitico, davvero consigliabile agli amanti dei bassi e un ottimo strumento da palco – perché, tra parentesi, ogni cosa di questo set suggerisce il possibile utilizzo on stage. Forse sono cuffie un po’ troppo colorate per chi si aspetta di utilizzarle come monitor in studio, ma nulla di drammatico, in realtà. Il tuning è di alto livello.

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 Ah, ho usato il già citato FiiO M7, ma non solo. Quando avevo in test l’iFi xDSD, M7 gli era un ottimo compagno. E poi il mio fido MacBook Pro, che si giostra tra l’interfaccia audio che uso per produrre (la scontatissima Focusrite 2i2), il Topping NX4 (un buonissimo DAC/Amp dalle dimensioni molto contenute) e l’XDUOO XP-2, simile al precedente ma meno potente – tuttavia più versatile. Ci ho ascoltato di tutto – davvero, di tutto. Citando qualcosa: the Bloody Beetroots, Billie Eilish, Bon Iver, Everything Everything, Coldplay, Muse, Toto, Jack Garratt, nonché montagne di pezzi di musica d’autore italiana contemporanea e non.

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Confronti

Non trovo le DM6 migliori o peggiori delle DMG – entrambe affermazioni che ho sentito fare. Sono altresì prodotti difficili da comparare, data la diversa tecnologia al loro interno. Non mi sento di mettermi ad analizzare in velocità il suono delle DMG rischiando di trascurare dettagli importanti, ma dal mio punto di vista le DM6 hanno subìto una notevole raffinazione delle alte frequenze (leggere assenza di sibili) e delle basse (il controllo è decisamente superiore). I medi, inoltre, sono meno incassati. Di contro, suonano in modo meno divertente e meno naturale, certamente più analitico. Le DMG vincono per quanto riguarda l’ampiezza percepita della scena.

Le AudioSense T800 vincono perché portano tutto il buono a un livello superiore, controllano ancora di più i bassi e ampiano il palcoscenico. Il dettaglio, poi, è ancora migliore.

Le YinYoo Topaz sono più piatte, meno dettagliate, con meno bassi, mentre le sorelle D2B4 sono simili alle DMG come configurazione hardware ma suonano peggio in ogni ambito.

Le IKKO OH1, pur essendo ibride e con molti meno driver, sono comparabili – ma più divertenti e dalla spiccata vitalità.

 

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Conclusioni

Tutto qui?

Quasi.

Probabilmente non riuscirete più a trovarle, queste DM6, se non nel mercato dell’usato. Sono fatte a mano, la produzione è sempre stata molto lenta anche durante il massimo periodo di vendita; inoltre, ci sono stati alcuni problemi tra il brand e il rivenditore ufficiale che le aveva, ad esempio, messe su Drop – altro motivo del successo, probabilmente, era la scarsa reperibilità ma l’altissima richiesta. Adesso BGVP si è stanziato come un brand di massa, con tantissimi modelli – anche troppi. Le top di gamma non sono più le DM6, nemmeno le successive DM7 (che hanno comunque subito un rincaro di 100$); sono le ArtMagic V12 e le sorelle ES12 (ibride elettrostatiche). Dal prezzo pressoché decuplicato. Il che mi rende tristemente difficile testarle.

 

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Le consiglio? Anzi, al condizionale: le consiglierei? Sì, sono un ottimo prodotto, ma non sensazionale come alcuni hanno tentato di farci credere. Se le trovate, anche usate, sono un pezzo da collezione che punterei ad avere.

Recensione EOZ Air

Prezzo: 109$ (circa 93$ col nostro coupon, più o meno 85€)

Dove acquistarle: https://eozaudio.com/products/eoz-air (al check-out, col coupon “techinblack” – senza virgolette – otterrete un 15% di sconto) oppure https://amzn.to/2ADKkvh quando disponibili

Specifiche tecniche:

  • Driver dinamico da 8mm

  • Risposta in frequenza: 20-20k Hz

  • Impedenza: 16 Ohm

  • Bluetooth: 5.0

  • Codec supportati: AAC, SBC

  • Supporto profilo: HFP/HSP/A2DP/AVRCP/SPP/PBAP

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 Le EOZ Air sono il risultato dell’ambizioso tentativo di creare una cuffia true wireless senza i compromessi che la concorrenza si è sempre trovata ad affrontare.

Idealmente, si tratta di un paio di cuffie dall’ottima qualità audio, Bluetooth 5.0, certificazione IPX6 contro acqua e sudore, autonomia doppia rispetto alla concorrenza, driver da 8mm (contro i 5 delle AirPods di Apple), connessione eccellente grazie al design con antenna esterna, integrata nell’uncino per bloccare la cuffia intorno all’orecchio, e prezzo inferiore ad ogni altra true wireless.

Queste dichiarazioni hanno permesso ad EOZ di raccogliere oltre un milione di dollari nella sua campagna di crowdfunding durante il 2018 e di rilasciare il prodotto verso l’inizio del 2019 (https://www.kickstarter.com/projects/eozaudio/eoz-air-worlds-most-advanced-true-wireless-earphon?lang=it)

 Se sulla carta suona tutto ideale, la realtà non corrisponde del tutto.

I punti forti di questo prodotto sono senza dubbio la batteria, l’attenzione al dettaglio e l’istantaneità del loro utilizzo, oltre ad una qualità audio piuttosto soddisfacente, seppur non sorprendente, mentre pecca in alcuni casi in quanto a stabilità della connessione e pairing.

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Accessori e confezione

La presentazione di queste cuffie denota fin dal primo momento l’attenzione di questo brand per i dettagli. La confezione si presenta pulita ed elegante, sotto al case-batteria delle cuffie è presente una scatolina contenente il cavo per la ricarica USB C, un cordino in cuoio sintetico, diversi gommini in silicone (4 misure) e memory foam (2 misure), un manuale di istruzioni e un volantino che invita ad attivare la propria membership a EOZ.

Le cuffie sono contenute all’interno del case che funge anche da batteria portatile e caricatore, e si presenta con un design semplice ma elegante e dimensioni tutto sommato ragionevoli.

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Pairing e istruzioni

Ho voluto testare se le cuffie fossero o no “idiot proof”, quindi, prima di cominciare ad usarle, ho evitato di leggere il libretto di istruzioni. La procedura di connessione iniziale è stata piuttosto semplice: una volta estratte dal case le cuffie, entrano in modalità accoppiamento e sono visibili via bluetooth. A quel punto è sufficiente premere su “EOZ Air” nel pannello bluetooth del dispositivo e queste si connetteranno entrambe.

I comandi sono piuttosto intuitivi, basta toccare la superficie esterna delle cuffie con un tap per fermare o far partire la musica, tenere premuto per qualche secondo per spegnerle o accenderle.

Il manuale non menziona il fatto che tenendo premuto per qualche secondo in più quando sono spente si torna in modalità pairing.

Una problematica riscontrata è stata la disconnessione tra le due cuffie. Non avendo il libretto di istruzioni con me al momento del problema, mi sono ritrovato impossibilitato ad ascoltare la musica nelle quattro ore di viaggio in cui avevo previsto di usarle, visto che l’audio veniva erogato solamente da una cuffia alla volta. Al ritorno a casa ho notato che sul libretto di istruzioni non era prevista una soluzione per questo problema, ma che era invece affrontato nel retro del volantino per attivare la membership. Immagino che l’azienda abbia notato la questione dopo aver completato la stampa dei libretti e abbia deciso di ovviare il problema in un altro modo.

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Ad ogni modo, seguendo le indicazioni (tenere premuto per 15 secondi entrambe le cuffie da spente) si sono resettate e al successivo pairing sono tornate a funzionare correttamente.

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Suono

Trattandosi di cuffie, sebbene non esattamene tradizionali, l’audio è pur sempre il fattore principale. Si può dire senza problemi che le EOZ air sono cuffie che suonano discretamente e svolgono bene il loro lavoro.

Non si tratta delle cuffie più equilibrate né dal suono più cristallino, sia chiaro, ma non sono certo sgradevoli. I bassi sono abbastanza enfatizzati, il che da una parte può essere considerato un difetto, soprattutto dagli audiofili più incalliti, dall’altro complementa bene la natura di queste cuffie, dedicate al grande pubblico e costruite intorno a un’idea di adattabilità più che di assoluta fedeltà di audio. Sono cuffie rivolte alla mobilità, che sfruttano in sinergia le caratteristiche da true wireless, il design elegante ma sportivo e il buon isolamento passivo. Un ambiente urbano, magari leggermente affollato e rumoroso, è il luogo in cui risplendono. Che si cerchi la carica per sollevare pesi in palestra o ci si voglia rilassare sui mezzi pubblici al ritorno dal lavoro, il profilo del suono di questo prodotto è senza dubbio piacevole. I medi e gli alti, sebbene non particolarmente accentuati, si mantengono puliti e gradevoli, pur basandosi su dei bassi leggermente più forti che risultano spesso utili per dare la carica nello sport o sopprimere il rumore esterno.

Per quanto riguarda l’uso in un ambiente silenzioso senza rumori né intralci, invece, forse non si tratta della scelta ottimale. Quando in uso, è presente un leggero rumore statico di sottofondo che inevitabilmente infastidisce un ascoltatore particolarmente attento alla pulizia del suono, rendendo l’ascolto a casa meno gradevole di quello all’esterno.

In generale, per un utente medio che ascolti musica principalmente in streaming o comunque in MP3 dal telefono, sono assolutamente soddisfacenti (non supportando, peraltro, codec Bluetooth lossless, questo è l’utilizzo più sensato delle stesse).

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Connessione

Trattandosi di cuffie Bluetooth, la qualità della connessione è un aspetto di grandissima importanza. Se nell’uso standard all’aperto in mobilità funzionano bene, sono stati riscontrati alcuni problemi in aree affollate di segnali sui 2.4 GHz del WiFi. In parole povere, se ci sono molte reti WiFi in una zona, fanno interferenza anche con il Bluetooth di queste cuffie, nonostante la “rivoluzionaria antenna”. Queste interferenze si manifestano sotto forma di momentanee interruzioni nella riproduzione audio, a intervalli di pochi secondi. Quando questo succede, è pressoché impossibile continuare l’ascolto. Si noti però che i test sono stati effettuati tra le cuffie (Bluetooth 5.0) e un Honor 8 (Bluetooth 4.2), quindi la situazione nel caso di un dispositivo 5.0 potrebbe variare. Aggiorneremo la recensione in futuro - abbiamo preferito procedere ai test utilizzando lo stesso dispositivo in maniera continuativa, valutando inoltre risibile la differenza tra questi due protocolli per l’utilizzo che ne abbiamo fatto.

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Batteria

La batteria di queste cuffie è fenomenale. Un ascoltatore medio difficilmente le userà più di 4 ore di fila, e non sarà necessario caricarle in questo intervallo di tempo. Una volta riposte nel case, la batteria interna a questo tornerà a ricaricarle. Anche in questo caso, ho affrontato la questione con l’approccio dell’utente medio. Ho provato ad usarle da mattina a sera, e non mi si sono mai scaricate fino a spegnersi. Per un mese le ho usate come cuffie principali senza ricaricare il case, che ancora segna oltre il 50% di carica all’interno tramite i 4 led ad indicare il 25% ognuno. Si può dire che sia il punto forte di questo prodotto, che lo fa innalzare una spanna al di sopra della competizione in questo frangente.

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Funzionalità e microfono

Questo prodotto non brilla per “extra features”, come invece possono fare altre cuffie della competizione, che implementano, anche tramite una app dedicata, funzioni come soppressione attiva del rumore, enfatizzazione di alcuni suoni esterni, creazione di ambienti sonori particolari e via dicendo. Tuttavia, le funzionalità di base e i controlli touch funzionano a dovere.

Per quanto riguarda le telefonate e l’uso del microfono, se ne può parlare senza infamia né lode. Il microfono si sente se si parla con un tono moderato, ma in un contesto più silenzioso l’interlocutore avvertirà un certo rumore statico di fondo che può risultare fastidioso.

Conclusioni

Si tratta di auricolari true wireless che riescono a risolvere alcuni dei problemi che caratterizzano questa fetta di mercato, pur mantenendone alcuni. La batteria funziona in maniera eccellente, il design è pulito e comodo, il suono è piacevole. Peccano però in alcuni casi in quanto a connessione, e potrebbero puntare più in alto in quanto a features, qualità del microfono ed efficacia delle istruzioni. Tutto sommato, è un prodotto che nel futuro potrebbe vedere delle evoluzioni decisamente promettenti, sperando che riesca a risolvere quelle pecche senz’altro comuni che ancora mantengono molti utenti scettici riguardo alla tecnologia true wireless. Sarebbe anche apprezzabile il tentativo di implementare un modo per cambiare le batterie interne, in modo da non dover buttare le cuffie nel momento inevitabile in cui le batterie diventino esauste e non tengano più la carica, dopo qualche anno.

Bonus

I gommini in memory foam sono talmente buoni che li ho montati su dei monitor di FiiO - presto la recensione!

FiiO FA1 con i tips in memory foam di EOZ

FiiO FA1 con i tips in memory foam di EOZ

Pro

  • Comfort

  • Design e packaging

  • Buona qualità audio

  • Bassi (se li si apprezza particolarmente, piuttosto enfatizzati)

  • Piacevoli da ascoltare in posti affollati

  • Non rischiano di cadere, utilizzabili per fare sport

  • Ottima batteria sia nelle cuffie che nel case, è sopra al 50% dopo 1 mese di testing, durano almeno una giornata di ascolto medio

  • Possibilità di utilizzarle singolarmente, entrambe principali

  • Comodi comandi touch sulle cuffie

  • Carica USB C

  • Buona scelta di gommini personalizzabili

Contro

  • Connessione debole in aree con interferenze sui 2.4 Ghz (WiFi)

  • Disconnessione dell’audio frequente sotto WiFi, a “singhiozzi”. Quasi nulla all’esterno con rete mobile

  • Presente continuo rumore statico di sottofondo quando connesse, superfluo all’aperto, fastidioso in casa nel silenzio

  • Pairing problematico in alcuni casi. Primo tentativo, senza aver letto le istruzioni, a buon fine. Connessione durata quasi un mese con quell’unico dispositivo. Alla prima disconnessione non si sono più ricollegate. Vengono riconosciute due cuffie separate, si riesce ad ascoltarne solo una alla volta, anche se i comandi touch sulle cuffie funzionano in alcuni casi anche dalla cuffia che sembra scollegata e non riceve segnale audio. Il manuale si limita a dire “Per collegarle, toglierle dal case. Entreranno in pairing mode se non trovano un dispositivo conosciuto a cui ricollegarsi. Selezionare dal dispositivo Eoz Air e il collegamento sarà completo”. Non cita neanche il fatto che non sempre le cuffie entrino in pairing mode una volta tolte dal case, ma sia necessario spegnerle premendo per 3 secondi il pannello touch e poi riaccenderle mantenendolo premuto per qualche secondo in più, fino ad udire il messaggio “pairing mode

  • Inoltre, una volta impostate sulla modalità di accoppiamento, i dispositivi le rilevano come due differenti periferiche Bluetooth e quindi chiederanno di collegarsi ad una o all’altra. Non sembra esserci modo per collegare le due cuffie, renderle un unico device Bluetooth e poi attuare la connessione con un dispositivo, se non tramite reset - alfine, molto semplice

Recensione TRN IM1

Prezzo: 25€

Dove acquistarle: [link]

 Ringrazio AK Audio per il sample e per il codice sconto valido per i nostri lettori. Se al momento dell’acquisto scegliete “altri metodi di pagamento” e lasciate scritto “www.techinblack.it” (senza virgolette) nel campo di testo per i messaggi al venditore, dopodiché annullate il pagamento, il negozio provvederà a offrirvi uno sconto (il valore dello stesso dipende dal periodo). Potrete infine pagare come preferite.

 Specifiche tecniche:

  • Driver dinamico + armatura bilanciata

  • Impedenza: 16 Ohm

  • Sensibilità: 102 dB

  • Risposta in frequenza: 7-40k Hz

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Unboxing

Essendo la prima cuffia che provo di questo brand, non posso fare un confronto di accessori in dotazione. Sinceramente ci si può aspettare qualcosa in più. La scatola è elegante e la presentazione degli auricolari pure, ma ci sono solo tre paia di gommini, una pezzetta per pulire le cuffie dalle impronte e il cavo. Nessun astuccio per il trasporto, nessun gommino particolare o in foam. Il cavo è ottimo, per essere un cavo stock di una cuffia piuttosto economica è molto migliore di quello che fornisce KZ nei modelli di pari prezzo, ad esempio. Il mio è senza microfono, ma lo potete ordinare anche con. Le cuffie, nel mio caso in versione total black, sono ben costruite e hanno una forma in stile custom, molto molto simile all’interno del mio orecchio – e questa è ovviamente solo una considerazione personale. Questo è un pregio per la comodità, ma un difetto perché l’isolamento è esagerato e mi si crea il sottovuoto. Ho dovuto usare dei gommini in memory foam di TinAudio per riuscire a sentire decentemente la musica (ne riparlo in seguito). Un appunto estetico: sul fronte, spennellato in acrilico, c’è il logo dell’azienda e la dicitura abbreviata “hybrid armature”. Una simpatica scelta, dal momento che la confezione riporta invece la dicitura “custom dynamic”. Per evitare confusione, sappiate che la cuffia ha una configurazione ibrida con un driver dinamico e un’armatura bilanciata. Osservando attentamente le cuffie, si nota un dettaglio che solitamente appartiene a cuffie di fascia molto più alta: il fatto che non ci sia alcun filtro, né metallico né in tessuto, nel canale di uscita del suono. Oltre a questo, alcune immagini della cuffia aperta evidenziano i tubi che collegano i driver direttamente al canale d’uscita, che ha due aperture. Cosa significa? Che ad ogni driver è affidato un range di frequenze (al dinamico le basse, all’armatura le medie e le alte) e queste arriveranno al nostro orecchio in modo diretto dai driver, senza passare per un filtro o risuonare all’interno del guscio. Per una cuffia di questa fascia di prezzo è forse un primato (anche perché buona parte del prodotto finale è assemblata a mano!).

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Prime impressioni e problematiche

Al solito, prima di parlare del suono devo precisare alcune cose. Non ho avuto vita facile con queste cuffie: pur avendo apprezzato il suono fin dal primo istante, quando il sottovuoto si crea, si sente una sorta di “crack” (che ho inizialmente attribuito a un problema delle mie orecchie, erroneamente); non ho idea se sia perché il driver internamente viene mosso (driver flex), ma sappiate che è una questione da considerare. Solitamente utilizzo i gommini in silicone più piccoli che ci sono in dotazione. Con la cuffia destra, anche in questo caso, andavano bene; con la sinistra no. Ho switchato ai tips in memory foam di TinAudio, che non mi davano un gran comfort nelle cuffie originali (T2 Pro), ma che mi hanno parzialmente aiutato in questo caso (perché il sottovuoto è in parte evitato), ma il crack si sente comunque. Probabilmente è un problema che concerne l’apertura per l’aria della cuffia sinistra, che è evidentemente ostruita. Per questo motivo, il fornitore ha deciso di mandarci un secondo sample, per verificare quanto il suono è modificato da questa problematica, e se il controllo qualità di TRN è effettivamente carente o è stato solo un caso sparuto. Per non confonderci durante i test, la seconda cuffia è di colore rosso; valgono esattamente le stesse cose tra le due per quanto riguarda la qualità costruttiva e il comfort. Oltretutto, questa seconda cuffia arriva col microfono sul cavo, dandoci altresì la possibilità di confrontare anche i cavi e la qualità di questo microfono. Il secondo paio, fortunatamente, non ha i problemi del primo. Il fronte è differente, in quanto la versione total black mi sembra non abbia lo stesso scalino tra il corpo e la placca metallica resinata (sempre che in versione nera sia presente, perché non è semplice capirlo).

Devo dire che dopo qualche ora di ascolto sento un po’ di affaticamento, similarmente a quanto accade con le KZ, ad esempio (qui le recensioni delle ZS3 e delle ES4).

Altra “modifica”, oltre ai tips in memory, che non ho resistito a fare è stata montare il cavo 6 core in rame di YinYoo che avevo a disposizione: il suono non cambia – come potete leggere nella sua recensione qui – ma esteticamente e come solidità è sicuramente un upgrade che consiglio. A conti fatti, questa cuffia – se integra – non ha realmente bisogno né di cambiare il cavo, né di utilizzare altri gommini.

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Suono

Le mie sorgenti: FiiO M7, Dodocool DA106, Focusrite 2i2 da MacBook Pro 2012, Zorloo ZuperDAC-S da Mi MIX 2.

I miei file: DSD (Pink Floyd), FLAC 24/92 (Queen, Jack Garratt), FLAC 16/44 (Bon Iver, Greta Van Fleet, Jacob Collier, …), ALAC (Sia), MP3 320 (Jamie Cullum, Niccolò Fabi, Everything Everything, …).

 

Il caso ha voluto che provassi queste cuffie assieme a un nuovo arrivato, il DAC ZuperDAC-S di Zorloo basato sul famoso chip 9018 di Sabre; lo stesso che monta, in un’altra variante, il mio FiiO M7! Piccola introduzione per dire che è una cuffia che si sposa bene con questo convertitore.

Generalmente, il suono che vi garantiscono le IM1 è piuttosto neutrale, sebbene abbia delle tendenze brillanti. Il mio gusto mi impedisce di apprezzare le cuffie brillanti senza infastidirmi (per via degli inevitabili sibili), ma onestamente questi livelli sono ancora sopportabili per me (almeno per medi periodi di ascolto). Un ottimo compromesso per accontentare anche chi ama un buon dettaglio nelle alte frequenze. Quello che mi ha colpito di questa cuffia – e mi devo contraddire da solo: nel video unboxing insinuavo non fosse possibile – è stata la sorprendente capacità di riprodurre al meglio tutta la gamma udibile di frequenze. Ovvero, questa cuffia può essere usata come un monitor, esattamente come suggerisce la sua conformazione. Sebbene il basso sia leggermente enfatizzato, così come lo sono gli alti, la gamma media non ne risente negativamente, come accade, invece, nella stragrande maggioranza delle situazioni simili. Al contrario, le voci sono sempre abbastanza ariose, chiare e non incassate; la separazione strumentale è sopra la media, come la distribuzione spaziale degli strumenti. Non c’è un palcoscenico molto ampio, per cui – a voler essere buoni – c’è una certa intimità degli stessi strumenti attorno a noi. Questo fattore poteva essere superiore, ma sinceramente non a questo prezzo. Ovviamente non è tutto positivo: questa cuffia sembra richiedere un po’ più di amplificazione rispetto alla media (la mia media è il 50% del volume del FiiO M7, ovvero 30 step su 60; solitamente sto più basso): sono arrivato anche a 36 step di volume su 60 su M7, per avere una gamma bassa e una gamma media abbastanza corpose. Di contro, gli alti si inaspriscono troppo a quei livelli, diventando insopportabili per me. Onestamente, dal punto di vista del suono mi ritengo comunque appagato: buona estensione in gamma bassa e in gamma alta, buoni medi (questa è la vera sorpresa) e scena immaginaria discreta. Il suono ha una tendenza olografica che risente dei limiti di questo palcoscenico intimo, ma che a conti fatti risulta piacevole. Il punto di queste cuffie è che non suonano in modo molto naturale. Il buon dettaglio e l’essere analitiche le rendono utilizzabili per scopi di home recording, ma sinceramente punterei ad altri prodotti anche per quell’uso. C’è sempre un senso di occlusione che rende faticose queste cuffie da ascoltare.

Ci tengo a sottolineare una cosa: dopo aver scritto i vari complimenti (e non) che avete appena letto, ho ascoltato per curiosità un album che non uso tanto quanto altri citati per fare i test, ma che apprezzo. Il disco in questione è “A Fever Dream” degli Everything Everything. Ebbene, questo disco è difficilmente ascoltabile per me con queste cuffie. È molto sviluppato nella gamma alta delle frequenze, molto energico con la batteria e con la voce, e viene riprodotto in modo analitico ma troppo tagliente da queste IM1. Per cui, se sapete che ascoltate musica tendenzialmente molto “presente” nei medio-alti, pensateci due volte ad affidarvi a queste cuffie. Per tutti gli altri, vi assicuro che cadrete in piedi.

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Confronti

KZ ES4 (20€): le IM1 vincono sotto molti punti di vista. Che si parli di comodità, correttezza del tuning, cavo di serie, qualità costruttiva. Prediligerei le ES4 per i bassi e per la naturalezza superiore. L’attacco è lo stesso 2-pin da 0.75mm. Non mi dilungo sul confronto, perché ho apprezzato a fatica le ES4 (attenzione: non sono una cuffia cattiva, anzi. Sono un buon upgrade se le uniche cuffie che avete provato sono quelle in dotazione col vostro telefono. Ma queste TRN sono leggermente superiori).

 

KZ ZS3 (20€): sebbene sia un modello vecchiotto, le forme sono simili a quelle di queste IM1; solo un po’ più grandi e meno confortevoli. Il basso è sicuramente migliore nelle ZS3, ma è anche l’unica gamma correttamente rappresentata della cuffia. In generale, non la consiglierei a nessuno se non a chi vuole esclusivamente sentire i bassi (e magari ha delle orecchie più grandi della media); di contro, le IM1 sono adatte un po’ a tutti. E il loro cavo calza alle ZS3, che ne hanno uno di serie abbastanza penoso. (Sì: ho messo un cavo di terze parti sulle TRN, e il cavo delle TRN sulle KZ).

 

RevoNext QT2 (35€): sono simili. Simili nel suono, simili nel prezzo, simili nella dotazione. Ciò che cambia è il comfort – anche se nessuna delle due è incredibilmente confortevole, le IM1 vincono – e i materiali (metallo per le QT2, acrilico e plastica per le IM1). Il cavo è migliore nelle IM1 (forse le QT2S, con cavo migliorato, sono alla pari), e lo standard 2-pin cambia leggermente: nelle RevoNext è da 0.78mm. Cosa consiglio tra le due? Le QT2, che rimangono un set che mi sta a cuore perché è uno dei primi che ho acquistato per il sito; pur avendo diverse criticità (troppa brillantezza), sono davvero ottime per quanto riguarda il dettaglio, il palcoscenico e la separazione strumentale. E hanno un aspetto più professionale.

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Conclusioni

Non ero partito coi migliori presupposti, eppure sono stato discretamente stupito da questo modello (nonostante i problemi col primo paio). Da amante di una gamma alta rilassata, apprezzare una cuffia brillante è un complimento; questa è stata mediamente soddisfacente. Un consiglio: spendete qualche euro in più, se decidete di acquistare questa cuffia, e comprate dei tips in memory foam e un astuccio per il trasporto. Il cavo di serie, invece, va più che bene.

Pro

  • Cavo

  • Design e comfort

  • Palcoscenico

Contro

  • Sibilanti

  • Driver flex nel primo modello

  • Pochi accessori

Recensione cavo YinYoo 6 core (2-pin 0.75mm, 3.5mm single-ended)

Prezzo: 20€

Dove acquistarlo: https://amzn.to/2B8FLd1

Ringrazio YinYoo/Easy Earphones per il sample. La mia versione è la single-ended da 3.5mm, ma c’è in qualsiasi versione bilanciata (2.5mm o 4.4mm) e anche in versione MMCX (questo è 2-pin 0.75mm; non è compatibile con cuffie 2-pin da 0.78mm).

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Premessa importante: non sono un cavo-scettico, ma non sono nemmeno convinto che il cavo sia una componente che inficia nella resa sonora in termini di palcoscenico o di risalto di determinate frequenze. Non credo in fantasiose teorie ma mi affido alla scienza: il cavo è un veicolo di segnali elettrici. Al suo interno possono cambiare resistenza e quantità di ossigeno.

La resistenza deve essere il più bassa possibile, cosicché lo sia anche l’impedenza che ne consegue. Un valore standard è 200 mOhm; tendenzialmente un cavo aftermarket come questo dovrebbe abbassarla significativamente (ma non ho strumenti per misurarlo), attorno agli 80 mOhm. Cosa interessa l’impedenza durante l’uso? La facilità di pilotaggio della cuffia. Ovvero, in parole povere, il volume di ascolto. A una resistenza più bassa conseguirà un volume più alto. Graficamente, si osserverebbe l’intero spettro della risposta in frequenza alzarsi – non è possibile che si alzi una sola zona dello stesso. Dunque, permettetemi degli scetticismi e consigliatemi di mostrarvi scettici dinnanzi a chi sostiene che un cavo in argento enfatizzi la gamma alta, mentre un cavo in rame enfatizzi la gamma bassa, o ancora che un ibrido tra i due regali il miglior bilanciamento e magari ne aumenti il palcoscenico percepito. Il palcoscenico è una caratteristica della cuffia, non del cavo che ne veicola i segnali. Il materiale può avere effetto sulla resistenza, con le conseguenze appena spiegate.

La quantità di ossigeno, trattandosi di metalli, rischia di ossidare il cavo. L’obiettivo dei produttori è quello di minimizzarla il più possibile. OFC, letteralmente Oxygen Free Cable, è la sigla che accompagna i cavi privi d’ossigeno all’interno. In realtà, questa stessa garanzia ha diversi livelli di efficienza: l’indice N ne indica il livello. Più l’indice N è alto, inferiore sarà il potenziale disturbo percepito in cuffia (sia in termini di rumore di fondo che in termini di microfonicità). In questo caso l’indice non è dichiarato, ma il rumore è nullo. Ho sentito cavi 7N peggiori, e 7 è un valore molto alto. Dunque, buonissimo lavoro. Ma non voglio anticipare i dettagli.

L’ultima cosa importante: la lunghezza del cavo può inficiare nel suono. Ma questo avviene tendenzialmente solo con DAP (convertitori digitale-analogico) di scarsa qualità.

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Unboxing e prime impressioni

Quasi inutile parlare di scatola, in quanto questo cavo arriverà in una semplice busta di plastica con allegato un foglietto per la garanzia. Al contrario di quanto faccia intendere questa confezione, il prodotto colpisce per la sua qualità. I materiali sono ottimi (metallo nei connettori e nello split a Y, il chin slider è plastico, il cavo è placcato in rame e rivestito in gomma trasparente) e la cura nell’intreccio di livello. Sicuramente attira molto l’attenzione, dal momento che il rame gli dona una colorazione rosa inconfondibile. Alcuni potrebbero trovarlo pacchiano, a me non disturba – sarà il daltonismo. Prima impressione fallimentare in quanto le KZ ZS3 (qui la recensione) non sono compatibili con questo cavo come invece era dichiarato (ho già segnalato allo store il problema, ma non è stato rimosso il modello dalla lista dei compatibili). Le ES4 (qui la recensione) si sono perfettamente adattate. Non è stato semplice trovare il giusto verso di inserimento dei 2 pin (potrebbe essere rischioso invertirli, perché sono due poli opposti). Ma si comportano come altri cavi aftermarket, quindi sarà sufficiente orientare il segno colorato presente su ognuno dei connettori verso l’alto. Devo dire che la pessima vestibilità delle ES4 (a proposito, la recensione la trovate qui) ha trovato un enorme giovamento da questo cavo: il fatto che non abbia alcun tipo di pre-curvatura e sia al contempo molto soffice evita problemi di stabilità o fastidi. La grandezza delle cuffie comunque è un po’ troppo elevata, ma certamente il cavo di serie non aiuta. Ho provato anche ad attaccare questo cavo alle TRN IM1, brand che di cavi ne sa moltissimo (e infatti non era necessario cambiare quello di serie): anche qui c’è un ottimo fit.

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Suono

Suvvia: con tutta la premessa che ho fatto, cosa potrei mai scrivere sul suono? Certamente c’è una chiarezza degna di nota, la microfonicità è assolutamente assente e non ci sono disturbi di fondo – se non quelli dovuti alla sorgente. Il volume più o meno si assesta sul livello dei cavi stock. Non ne risente il palcoscenico per ovvie e già citate ragioni. Insomma, le differenze per quanto riguarda il suono non sono percepibili.

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Confronti

Cavo stock delle YinYoo V2 (qui la recensione): si vede che sono cavi prodotti dalla stessa azienda. L’unico punto a sfavore di quello di serie delle V2 è che manca il chin slider. Per il resto è più sobrio e più leggero, ma veicola un segnale altrettanto pulito.

 

Cavo stock delle KZ ES4: l’unica volta in cui un cavo rosa è più appetibile di un cavo di altro colore, perché il marrone è proprio poco invitante. Il 6 core di YinYoo vince su tutti i fronti: resistenza, slider, connettori in metallo e soprattutto nessuna pre-curvatura con anima in metallo, veramente una pessima idea da parte di KZ. Potete acquistarlo a questo link: https://amzn.to/2TnUFmJ

 

Cavo stock delle TRN IM1: pur apprezzandolo come cavo di serie, il cavo delle IM1 è il classico TRN di base (costa circa 3€) con rinforzi in plastica e non metallici. Gli uncini pre-curvati ci sono, ma sono “a memoria” (apprezzabile). Sicuramente è un cavo leggero che non cambierei per i pochi benefici che offre il 6 core. E ha il vantaggio di essere compatibile con le ZS3, che ci si sposano perfettamente. Potete acquistarlo a questo link: (qui).

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Conclusioni

Ho apprezzato moltissimo questo cavo. Ha una qualità eccelsa nella costruzione e nei dettagli e dona eleganza a molti prodotti che ne sono privi. Certamente, spendere 20€ per una cuffia e 20€ per un cavo da abbinarle non ha molto senso. Un cavo di questo tipo va bene per cuffie da centinaia, anche migliaia di euro, ma non è necessario e non dà reali benefici per le cuffie “da battaglia”. Certamente se una cuffia arriva con un cavo stock davvero pessimo (come nel caso di KZ) il mio consiglio è di sostituirlo, ma magari spendendoci qualcosa in meno. Vi invito dunque a lasciarmi le vostre eventuali esperienze con i cavi – attenzione, parlo di cavi per cuffie, non cavi per impianti – e le vostre opinioni su quei prodotti di fascia altissima quali sono i cavi da 7/800€ e più, consci di tutte le considerazioni fatte all’interno dell’articolo.

Recensione BGVP DMG

Questo sito è molto elastico. In che senso? Nel senso che non c’è quel senso di sospetto quando ci propongono una marca sconosciuta, ultraeconomica, ma ogni prodotto viene trattato allo stesso modo. Ed è per questo che si trovano recensioni di cuffie che vanno dai 3 ai 3000€. Questo è un vantaggio per chi legge, ed è un vantaggio per chi scrive: avere un’idea dell’intero mercato avendo provato con mano un po’ di tutto è un grande punto di forza nell’ottica del “dare buoni consigli”. L’obiettivo primo del nostro portale è proprio questo: indirizzare ognuno verso il miglior prodotto per il suo gusto, i suoi bisogni, le sue tasche. Quello di oggi è un prodotto particolare: si colloca in una fascia di prezzo che per molti è spartiacque tra il mercato di massa e la nicchia audiofila: 140$. Vedetela così: una cuffia costosissima per l’utente medio, ma economicissima per un audiofilo comunemente inteso. Si tratta delle DMG di BGVP, già Sidy Studio, un brand recente ma con una lunga ricerca acustica alle spalle. Lo so in modo un po’ casuale: mi sono ritrovato in mano delle Sidy DM3, auricolari in-ear che ho apprezzato molto nonostante i loro difetti; solo in un secondo momento ho realizzato che BGVP - il marchio che più ha impressionato la comunità di appassionati in questo 2018 – e Sidy sono la stessa azienda.

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La particolarità più evidente di questi monitor intrauricolari è il fatto che abbiano dei filtri intercambiabili per adattare il suono a tre diverse firme: bilanciata, con enfasi sui bassi, con enfasi sugli alti. Lo dico subito: non sono i filtri il punto di forza del prodotto. Anzi, sono una sorta di specchietto per le allodole: tra uno e l’altro la differenza è davvero poca. Ho letto che i filtri di LZ (marchio concorrente) sono più efficaci nel modulare queste differenze, e sono compatibili con questi monitor. Il mio parere personale è: per quanto sia molto affascinante questa faccenda (anche per il sottoscritto), stare a cambiare i filtri è più uno sbattimento che un reale valore aggiunto al prodotto, e certamente non mi metterei a comprarne altri oltre a quelli di serie, se non per soddisfare un latente disturbo da accumulo. Se voi voleste testare l’acume del vostro udito, i filtri di LZ costano 20$ e li trovate qui. Presto mi arriveranno anche le NiceHK M6, modello molto simile a questo – prodotto, infatti, nella stessa fabbrica – che condivide con le DMG la caratteristica dei filtrini; probabilmente anche quelli saranno compatibili, anzi: in tal caso mi aspetto che siano proprio gli stessi.

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Unboxing e prime impressioni

Nonostante le varie premesse, voglio essere diretto: come ho trovato i filtri una mossa di marketing, un’altra cosa che non mi è troppo piaciuta qui è l’assenza di un astuccio per il trasporto. In confezione ci sono un’infinità di gommini: ne sarebbero bastati meno, con un bell’astuccio ad accompagnare il prodotto. Poco male, ho preso un contenitore rigido apposta. Parlando di gommini, sono tre paia per ogni misura e sono colorati in modo diverso a seconda del diametro esterno degli stessi. È molto più difficile a dirsi; nella pratica, basta provarli e sentire qual è il più confortevole. C’è un paio di ottimi tips in memory foam, dei più morbidi che abbia provato (i Comply sono leggermente più duri, quelli azzurri di TinAudio ancora di più). Li consiglio per l’ottimo isolamento e la salda vestibilità, ma non se dovete spesso mettere e rimuovere gli auricolari, perché non sono facilissimi da inserire. Le cuffie arrivano staccate dal cavo, che è un buon MMCX intrecciato che potete farvi arrivare anche col microfono – il mio ne è privo. Se avete un cavo MMCX che preferite, per esempio Bluetooth, lo potete comodamente utilizzare con questi monitor. Non sollecitate troppo questo attacco, però, che è famoso per non essere il più resistente. Il design è molto curato e la costruzione davvero solida. Si tratta di un guscio metallico formato da due diverse parti, al cui interno ci sono due driver dinamici e ben quattro armature bilanciate. Le aperture per l’aria sono due, – al contrario di quanto faccia pensare l’immagine sulla scatola, che ne presenta una anche sul fronte – ma fanno bene il proprio lavoro: il suono non è congestionato né soffre di pochi bassi. Nella confezione ci sono anche due uncini gommati che possono essere applicati agli uncini del cavo che vanno intorno all’orecchio, per chi ha difficoltà a vestire questi auricolari; io non li ho usati, perché ho avuto una buona esperienza con gli uncinetti pre-curvati del cavo. C’è anche una clip da mettere sul cavo, ma essendo intrecciato non ho ben capito dove andrebbe applicato secondo l’azienda; di solito utilizzo queste clip, ma non soffrendo di particolare microfonicità, queste cuffie possono farne a meno.

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Suono

Le mie sorgenti sono state: FiiO M7, Dodocool DA106, Focusrite 2i2 da MacBook Pro 2012. I file audio vanno – in ordine decrescente – da DSD (Pink Floyd) a FLAC 24/92 (Queen, Jack Garratt) a FLAC 16/44 (Bon Iver, Greta Van Fleet, Jacob Collier, …) ad ALAC (Sia) a MP3 320 (Jamie Cullum, Niccolò Fabi, Everything Everything).

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Il suono è davvero soddisfacente. Forse il più soddisfacente che io abbia provato fin ora, insieme alle Sennheiser Momentum On Ear. Ho usato sia i gommini piccoli che quelli in memory foam, che ho preferito ma non sono comodissimi da mettere e togliere: è meglio farci sessioni lunghe senza essere disturbati. Parto dall’unico vero difetto che ho evidenziato: i sibili. Soprattutto con il FiiO M7, che ho capito essere una sorgente abbastanza brillante, non sono rimasto totalmente soddisfatto dalla sinergia. Invece le altre sorgenti sono più bilanciate e l’esperienza di ascolto risulta generalmente meno affaticante. La risposta in frequenza è abbastanza piatta, se non per una leggera V sui medi che non inficia sulla chiarezza degli stessi – come ad esempio successe con le Unique Melody Mason V3 (qui la recensione) – ma dona alle frequenze basse un leggero vantaggio. Anche con i filtri studiati per enfatizzare gli alti, non si perde questa firma caratteristica – per questo non trovo che siano davvero un elemento che faccia pendere l’ago della bilancia nella scelta d’acquisto.

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I bassi sono pieni, veloci, ma non enfatizzati. Donano un buono sfondo tendenzialmente scuro, naturale, ma non direi “divertente”; si sente lo sforzo di mantenersi analitici e piatti nella resa. C’è anche una buona estensione verso il sub-bass, ma non eccezionale. Forse con la “famosa” terza apertura, i driver dinamici avrebbero avuto una resa ancora migliore nelle frequenze basse. I medi sono ben separati nella resa strumentale, nelle voci maschili e femminili e nelle percussioni: non ho alcunché di negativo da evidenziare in questa gamma. Solo gli alti hanno qualcosa di veramente migliorabile, nel contesto dei sibili e della corposità. Ma suonano bene, se la musica riprodotta è ben masterizzata non danno segni di cedimento – al contrario, se provate a far suonare dei file registrati e mixati in modo approssimativo, magari casalingo, vi fanno sentire anche il minimo difetto. Questo è un pregio perché apre la possibilità di usare queste cuffie per l’home recording con una certa soddisfazione. E probabilmente anche per i live stage, visto che l’isolamento passivo è molto buono e non affaticano – nemmeno fisicamente – anche dopo parecchie ore di utilizzo. In termini di palcoscenico, l’ampiezza e la profondità della scena ricreata sono di livello, e non soffrono di quella sorta di virtualizzazione simulata che ho riscontrato, ad esempio, nelle KZ ES4 (la recensione qui). Per chi ama una resa molto colorata, il suono potrebbe sembrare leggermente asciutto; io sono personalmente più appagato da una firma il più possibile piatta e analitica, come quella di queste DMG. D’altro canto, non sono di certo le più analitiche sul mercato, ma questo è il loro vantaggio in termini di pubblico: possono davvero abbracciare i gusti di chiunque. Fanno tutto ciò che viene richiesto in modo egregio, superando – in termini di potenzialità – i bisogni di molti.

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Confronti

Con la recensione delle NiceHCK M6 arriverà anche un confronto diretto con queste DMG. Per ora i confronti che lascio sono con le Simgot Meeture MT3, le TinAudio T2 Pro e le YinYoo V2 (di queste ultime trovate già la recensione qui).

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Simgot Meeture MT3 (75$): c’è un solo motivo per cui possiate preferire le MT3 a queste DMG. Anzi, due: il prezzo e le voci. Per il primo fattore, consiglio comunque di puntare alle DMG se mai il dubbio vi venisse tra questi due modelli (ne dubito, perché Simgot produce altri modelli sulla stessa fascia delle BGVP). Per il secondo, sebbene siano un ottimo prodotto per monitorare le voci - in quanto emergono dalla scena sopra al resto degli strumenti -, non basta comunque a bilanciare i tanti pregi che rendono le DMG uno dei migliori prodotti del 2018. Non sto assolutamente dicendo che le MT3 siano un cattivo prodotto: ritengo, anzi, che valgano assolutamente il prezzo richiesto per portarsele a casa e abbiano delle chicche interessanti in confezione – astuccio, gommini con tanto di descrizione del tuning, per citare qualcosa. Quando uscirà la recensione in italiano – quella in inglese è già online a questo link – potrò schiarire le idee dei dubbiosi.

 

TinAudio T2 Pro (60$): penso che per gli amanti del dettaglio e dei suoni brillanti, le T2 Pro possano essere una scelta anche migliore delle DMG. Il mio gusto personale, tuttavia, non mi permette di apprezzarne il suono, esageratamente sibilante e sbilanciato sulle alte frequenze. Leggo che molti le ritengono un prodotto incredibile; io no. Le T2 Pro sono un paio di cuffie tra i meno convincenti che io abbia provato durante l’anno, per cui il mio personalissimo parere è questo: se apprezzate il design delle T2 Pro e quello è il vostro budget massimo, provate a considerare le YinYoo V2, prodotto molto meglio riuscito e adatto a tutti. Se, invece, il vostro budget può arrivare al prezzo delle DMG, consiglio vivamente di puntare a quelle: abbracciano i gusti di chiunque e hanno davvero tanti pregi degni di nota.

 

YinYoo V2 (50$): per me, la cuffia migliore del 2018. Chi legge questo sito abitualmente, sa che il rapporto qualità/prezzo è uno dei cardini dei giudizi dati ai prodotti. Questa è senza dubbio la cuffia che dà la maggior qualità (costruttiva e audio) al miglior prezzo che io abbia provato. Il suono rispetto alle DMG è meno reference, più divertente. Ma è molto difficile trovare una cuffia piatta (acusticamente) sui 50€ (provate con le RevoNext QT2, qui la recensione). Considerando che le DMG costano dalle 2 alle 3 volte in più rispetto a queste V2, io punterei proprio alle V2 se le vostre pretese non si spingono troppo in direzione audiofila e volete risparmiare un bel po’. Ciò detto, le DMG rimangono superiori in molteplici aspetti e in senso assoluto sono una spanna sopra alle YinYoo.

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Conclusioni

Ho detto molte cose. Evidenziato pregi, enfatizzato difetti – che, credetemi, sono in realtà davvero minimi. Ma alla fine ciò che conta è sapere se il prezzo corrisponde al valore generale del prodotto. La risposta è sì, senza alcun dubbio. Ora che c’è un taglio di 30$ dal prezzo di partenza che pare essersi stabilizzato, sono ancora più convinto di questo. Per poco più di 100€, avete una cuffia adatta all’ascolto, al live stage, al monitoraggio in studio, con la possibilità di cambiare l’equalizzazione in modo hardware tramite i filtrini e i molti – moltissimi – gommini in dotazione. La costruzione metallica, il cavo MMCX sostituibile (ripeto: attenzione, che è la parte più fragile della cuffia), sono tutti fattori positivi che mettono in ombra i pochi difetti che possono essere riscontrati. Per dire quanto sono relativi i sibili, dopo aver provato altre cuffie ed essere ritornato a queste, quasi non li percepisco più. Peccato per l’unico vero dispiacere: non aver trovato un astuccio in confezione. E mi sbilancio un’ultima volta, dicendo che un brand più famoso poteva far pagare questo prodotto uno zero di più.

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Pro

  • Qualità costruttiva

  • Design e modularità (filtri, cavo intercambiabile, …)

  • Suono fedele e sempre ben gestito

  • Buon cavo stock

  • Parecchi gommini, anche in memory foam

Contro

  • Non c’è un astuccio in confezione

  • Sibilanti in alcune circostanze

  • I filtri sono più un esercizio di stile

Recensione YinYoo V2

Tra le cuffie più consigliate dagli appassionati, nella fascia dei 50$, ci sono le T2/T2 Pro di TinAudio – ora TinHiFi. Delle due io ho in prova la versione Pro, e non ne sono per nulla entusiasta. Mi spiegherò meglio nella recensione dedicata. Questo preambolo perché? Perché queste V2 di YinYoo, protagoniste della recensione di oggi, sono palesemente ispirate a questi modelli sopra citati, sia per design che per configurazione hardware, che per prezzo – che per nome, probabilmente. Eppure, provandole entrambe in modo approfondito, posso dire di preferire sotto ogni aspetto le V2 di YinYoo. Il problema più evidente che molti evidenziavano alle T2 era, nel loro dettaglio cristallino, la carenza di bassi. Così TinAudio ha fatto uscire il modello Pro, enfatizzando però gli alti. Pessima mossa, dal mio canto, perché sono stridule ed aspre nonché esageratamente sibilanti. YinYoo, più furba, ha invece sfornato un prodotto molto simile ma con quel basso in più che mancava alle concorrenti.

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Questo sample arriva da AK Audio, e per i lettori di techinblack.it il prezzo sarà di 39$ acquistando dal loro store seguendo queste istruzioni: durante l'ordine basterà scrivere "techinblack.it" nell'apposito spazio per lasciare un messaggio al venditore, piazzare l'ordine senza aggiungere un metodo d'acquisto, e aspettare la notifica dell'aggiustamento del prezzo. Dopodiché si potrà pagare ottenendo questo prezzo discount davvero vantaggioso. Se avete bisogno di assistenza, scriveteci sulla pagina Facebook via messaggio privato: https://www.facebook.com/techinblackstaff/

 

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Unboxing e prime impressioni

Le differenze con gli altri modelli ci sono, comunque: le V2 sono leggermente più piccole, il cavo è 2-pin .78 mm e non MMCX, c’è un comodo astuccio rigido per il trasporto; di contro, mancano i tips in memory foam – ma quelli in silicone sono ottimi. Un’altra “furbata” è stata quella di invertire la forma dell’auricolare destro con quella dell’auricolare sinistro, rispetto alle T2, che effettivamente erano nate “storte”. Non è difficile, in realtà, fare lo switch nelle T2 (basta attaccare diversamente il cavo), ma può essere visto come un difetto di progettazione. Con queste V2, invece, è tutto al posto giusto. Il cavo è molto buono e arriva già montato agli auricolari. Non soffre di microfonicità ed è molto elegante. La vestibilità è fortunatamente superiore alle T2, che erano leggermente troppo grandi e i gommini in memory, seppur di discreta qualità, erano anch’essi di dimensioni generose. L’isolamento passivo è di ottimo livello: anche utilizzando i gommini bianchi più piccoli, che sono quelli che meglio si adattano al mio orecchio, i rumori esterni sono attutiti quasi totalmente. Un’ottima cosa è che, oltre agli stessi gommini, anche il cavo sarà sostituibile con uno aftermarket – facendo attenzione a prenderlo della giusta misura: il 2 pin della stessa YinYoo che possiedo non va bene, perché la distanza è di .03 mm differente. Altro punto a favore è l’astuccio per il trasporto che è davvero di qualità ed è più spazioso di tanti altri che utilizzo.

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Specifiche tecniche

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Suono

Ho capito, col tempo, che il FiiO M7 – pur essendo una buona sorgente – è sibilante. Una cuffia che soffre di sibili di natura difficilmente avrà un’ottima sinergia con quel lettore. Con le T2 Pro, infatti, è davvero fastidioso; con queste V2 no. Per cui ho piacevolmente testato questo prodotto in accoppiata con quel player. Quello che mi è stato consigliato dal fornitore, oltre al burn-in, è di utilizzare i gommini più larghi per godere al meglio delle frequenze alte. Però, dal momento che gli alti sono apprezzabili in ogni caso, ho preferito dare priorità al comfort usando i gommini piccoli. Dopo diverse ore di utilizzo, effettivamente il suono ha giovato del rodaggio dal punto di vista della spazialità. Riassumo in breve la mia esperienza prima di scendere nel dettaglio: questi IEM sono un ottimo prodotto. Il bilanciamento delle frequenze è corretto, la curva di risposta a V dona un suono poco affaticante e piuttosto colorato. Se cercate un prodotto dal suono analitico per la produzione musicale, non fa proprio al caso vostro. Per il restante pubblico, che occupa la maggioranza della popolazione, queste cuffie saranno invece una scelta da tenere in seria considerazione: reggono volumi alti, isolano bene, stanno piuttosto salde all’orecchio e hanno un suono adatto a qualsiasi genere musicale. I bassi corposi, estesi in profondità, rendono le V2 il classico prodotto “che piace al primo ascolto”. I medi sono leggermente arretrati, ma non vengono inficiate né le voci, né gli strumenti nella chiarezza delle singole parti. Gli alti sono buoni, con pochissimi sibili, e sono la parte che più migliora con l’uso – “out of the box” sembrano un po’ timidi. Il palcoscenico è credibile, non ampio all’inverosimile, ma aiutato da un generale sfondo scuro che è caldo e avvolgente. Sia chiaro questo: presi singolarmente, questi singoli punti che ho elencato non eccellono; sono però ben amalgamati nell’insieme, e rendono il prodotto veramente interessante, soprattutto pensando alla cifra a cui sono offerti. Mi vengono in mente le 1MORE Piston In-Ear: la firma sonora è simile a quella di queste V2, ma il suono lì è molto più congestionato e la spazialità ridotta; per una cifra molto simile, i vantaggi qui sono moltissimi: in termini di tuning siamo lì, ma queste V2 sono un chiaro upgrade anche e soprattutto per chi apprezza quel tipo di risposta in frequenza che utilizza 1MORE. Il cavo removibile, poi, è sicuramente un altro punto a favore delle YinYoo; è vero che arrivano senza microfono, ma nulla ci vuole a comprare un cavo da pochi euro con microfono integrato. Questo era solo uno di più confronti che farò in seguito all’interno di questa recensione.

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Ci tengo a sottolineare che non è il caso di usare queste cuffie come monitor da studio: l’enfasi nelle basse frequenze dà l’impressione di avere un corpo in quella gamma che in realtà non si sta ottenendo; questo vale per tutti i prodotti V-shaped e simili, ed è per questo che non le posso consigliare per quel tipo di utilizzo (alternative a prezzi simili più adatte a quelle situazioni sempre a fine articolo).

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Confronti

TinAudio T2 Pro (60$): a parte le differenze già citate (quali l’attacco MMCX e il fatto che cuffia destra e sinistra, in quanto a forma, siano invertite), le T2 Pro sono cuffie molto dettagliate e analitiche, mentre le V2 sono più volte ad un ascolto casual e prolungato. Ho trovato le T2 Pro veramente difficili da ascoltare, per gli alti troppo taglienti e i bassi carenti. Le V2 sono assolutamente superiori, con un carattere più scuro, dei bassi credibili, un palcoscenico altrettanto valido, una maggiore resistenza ad alti volumi senza distorcere, ed altri fattori più banali come le dimensioni leggermente più compatte, che donano un comfort superiore. Ho preferito anche il cavo nelle V2. Per me – sottolineo che è un parere personale – ci sono solo due punti a favore delle T2 Pro: il dettaglio e i tips in memory foam. E non valgono, dal mio canto, la scelta rispetto alle V2.

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RevoNext QT2 (40$): questo è un bellissimo confronto. Entrambi questi monitor condividono lo stesso standard 2 pin .78 mm, entrambi sono in metallo, la fascia di prezzo è la stessa. Cosa cambia tra i due? Il comfort prima di tutto: nelle V2 è superiore, sebbene la vestibilità sia buona anche nelle QT2; il problema, con quelle, è il fatto che dopo un po’ di tempo di utilizzo, gli spigoli del guscio faranno male alle orecchie. Le firme sonore sono molto diverse: le V2 sono più “facili” da ascoltare, le QT2 più analitiche. Consiglierei le seconde per live stage e produzione musicale, perché per l’ascolto penso che le V2 siano un passo avanti in termini di affaticamento (le RevoNext soffrono un po’ di asprezza negli alti; sono brillanti). Il cavo delle QT2 non è granché, per cui consiglio, nel caso vogliate acquistarle, di prendere le QT2S, identiche ma con cavo aggiornato. Trovate la mia recensione qui.

 

Meze 12 Classics (80$): nonostante costino il doppio, non suonano “due volte meglio” (mi prendo la licenza di usare questa formula). Le Meze 12 Classics sono un ottimo paio di auricolari, di cui ho apprezzato dotazione, costruzione, suono e filosofia. Suonano in modo simile a queste V2, in termini di firma sonora: divertenti, V-shaped, un po’ scure, che non fanno degli alti il loro punto di forza. Hanno qualcosa in più e qualcosa in meno. Più dettaglio, i gommini in memory foam, ma un cavo non removibile e a mio parere un palcoscenico meno esteso. L’eleganza del legno con cui sono costruite può farvi protendere verso la loro scelta, ma io penso che il valore per il prezzo pagato sia superiore nelle V2, comunque ottimamente costruite. Il comfort, tra l’altro, è stato molto critico per me con le Meze, anche coi gommini in memory. Non posso dire che in assoluto sceglierei le V2, ma relativamente al prezzo le preferisco alle Meze, che non sono totalmente soddisfacenti – considerando che con 80$/€ di YinYoo V2 ne prendo due paia.

YinYoo V2 Frequency Response

YinYoo V2 Frequency Response

Meze 12 Classics Frequency Response

Meze 12 Classics Frequency Response

 

1MORE Voice/Piston In Ear (35$): controverso paio di cuffie, che ho amato per design, qualità costruttiva e dotazione, ma non ho totalmente compreso in termini di suono. Anche con queste Piston lo sfondo è scuro e la risposta in frequenza a V, ma - come ho già accennato - il suono è più congestionato e la spazialità non totalmente avvolgente. Il comfort è comunque ottimo. Le V2, però, sono un passo avanti. Il cavo removibile, la possibilità di indossarle in più modi diversi, l’astuccio per il trasporto rigido, il maggior numero di gommini, un suono più avvolgente e generalmente più pieno mi fanno protendere per le YinYoo, per soli 5$ in più.

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Conclusioni

Se sono stato così entusiasta nel parlare di questi IEM, un motivo c’è: sono tra i migliori auricolari che io abbia provato in relazione al prezzo di vendita. Sono un prodotto studiato nel dettaglio, che non lascia trascurato alcun aspetto. Dall’astuccio per il trasporto, all’ottimo cavo, al gran numero di gommini presenti, al suono davvero credibile e adatto ad ogni genere musicale e/o bisogno personale. Essendo una cuffia con cavo removibile, rientra nel mio solito consiglio: con un cavo Bluetooth vi togliete la noia del filo, con un cavo con microfono sono perfetti come auricolari anche per le chiamate, e col cavo di serie potete godervi la musica con una connessione cablata alla migliore qualità possibile – se siete cultori, potete anche prendere un cavo a masse separate per una connessione bilanciata. Tra le cuffie che ho consigliato, queste stanno senz’altro in cima alla lista.